Kara Walker, l’acclamata artista afroamericana nota per le sue provocazioni audaci e il suo impegno sociale, torna a far parlare di sé con la sua ultima installazione: un’opera che trasforma la statua del generale confederato Stonewall Jackson, rimossa a Charlottesville nel 2021 durante le proteste Black Lives Matter, in un inquietante mostro senza testa. Questo intervento artistico, che verrà esposto a partire dal 23 ottobre, è parte della rassegna “Monuments”, che si svolgerà tra il Museum of Contemporary Art (MoCA) di Los Angeles e la galleria The Bricks.
La rimozione della statua di Jackson
La rimozione della statua di Jackson, simbolo della supremazia bianca e delle problematiche razziali persistenti negli Stati Uniti, avvenne in un contesto di grande tensione sociale, in seguito all’omicidio di George Floyd da parte di poliziotti bianchi a Minneapolis. Le manifestazioni che ne seguirono hanno portato molte città americane a riesaminare i monumenti che celebrano figure legate al passato schiavista e oppressivo del paese. La statua di Jackson, un importante leader militare della Confederazione durante la Guerra Civile Americana, è diventata un simbolo di questo dibattito, e la sua rimozione ha segnato un passo significativo verso il riconoscimento e la condanna del razzismo radicato nella società.
L’opera di Kara Walker
Walker, celebre per opere provocatorie come la sua gigantesca Sfinge di zucchero, che si sciolse nel 2014, ha affrontato la sfida di reinterpretare la statua di Jackson. La sua opera, intitolata “Unmanned Drone”, presenta una figura in cui il generale e il suo cavallo sono smembrati e ricomposti in una visione disturbante che ricorda le opere del pittore fiammingo Hieronymus Bosch. In questa rappresentazione, le gambe del guerriero confederato penzolano in modo grottesco, mentre la testa senza volto è applicata sul muso di una bestia. Walker intende “cancellare il mito dei suprematisti bianchi mettendo in luce l’orrore” che essi rappresentano, come ha dichiarato Hamza Walker, direttore di The Bricks.
Un contesto politico teso
Non è un caso che questa mostra si inserisca in un contesto politico teso, in particolare in relazione agli ordini dell’ex presidente Donald Trump, che nel marzo 2021 aveva incaricato il suo vice J.D. Vance di esaminare la sorte dei monumenti sudisti durante l’amministrazione Biden. L’arte di Walker si oppone direttamente a questa retorica, proponendo una nuova narrazione che sfida le rappresentazioni storiche tradizionali e invita a una riflessione profonda sulle conseguenze del razzismo e della violenza sistematica.
Nel contesto di “Monuments”, le opere di Walker verranno affiancate a quelle di altri artisti contemporanei che hanno affrontato la storia della supremazia bianca attraverso stili e mezzi diversi. Tra queste, spiccano:
- Fotografie di Andres Serrano che ritraggono membri del Ku Klux Klan.
- Cortometraggio di Julie Dash con il cantante d’opera Davóne Tines.
- Serie di autoritratti di Nona Faustine, che si rappresenta come donna nera in luoghi simbolici del commercio degli schiavi a New York City.
Walker ha sottolineato l’importanza di rimuovere i monumenti dai loro piedistalli e di inserirli in un dialogo con le opere di artisti che hanno affrontato le distrazioni legate alla razzializzazione. Questo approccio offre una piattaforma per nuove narrazioni e interpretazioni che sfidano le versioni ufficiali della storia.
La mostra “Monuments” si propone quindi come un’importante occasione di riflessione e confronto, un invito a esaminare il passato con occhi nuovi e a riconoscere le ingiustizie storiche che continuano a riverberare nel presente. Attraverso il suo lavoro, Kara Walker non solo trasforma la statua di Stonewall Jackson in un mostro inquietante, ma riesce a dare voce a un’intera comunità e a stimolare un dibattito necessario e urgente sul razzismo, la memoria e il potere dell’arte come strumento di cambiamento sociale.