Isabella Rossellini ha recentemente condiviso ricordi toccanti su suo padre, il leggendario regista Roberto Rossellini, durante la Festa del Cinema di Roma. Questo evento ha coinciso con la presentazione del documentario “Roberto Rossellini – Più di una vita”, diretto da Ilaria De Laurentiis, Andrea Paolo Massara e Raffaele Brunetti, che verrà proiettato nelle sale il 3, 4 e 5 novembre con Fandango. La pellicola si propone di esplorare non solo il genio cinematografico di Rossellini, ma anche la complessità della sua vita privata e professionale, un aspetto spesso trascurato nelle narrazioni più celebrative.
Un padre umano e vulnerabile
Isabella ha raccontato un aneddoto significativo: “Papà diceva sempre: non c’è nulla di peggio dei rosselliniani. Il fatto è che non voleva essere un monumento, ma poi quando ha scoperto che avevo visto i suoi film di nascosto si è commosso”. Questa dichiarazione mette in luce il desiderio di Roberto di essere considerato un uomo normale, piuttosto che una figura mitica del cinema. La sua carriera, pur essendo costellata di successi epocali come “Roma città aperta” e “Paisà”, ha affrontato momenti di crisi e incertezze che lo hanno accompagnato per gran parte della sua vita.
Il documentario offre uno sguardo approfondito su un periodo cruciale della vita di Rossellini, il 1956, anno in cui i suoi successi sembravano lontani e il suo matrimonio con la celebre attrice Ingrid Bergman stava attraversando una fase difficile. I film che avevano realizzato insieme, come “Stromboli”, “Europa 51” e “Viaggio in Italia”, furono accolti da critiche negative e non raggiunsero il successo sperato. Questo momento di crisi personale e professionale è al centro della narrazione del documentario, che cerca di ritrarre Rossellini non solo come un grande maestro del cinema, ma anche come un uomo vulnerabile e complesso.
Un’opera total-archivio
La pellicola è un “total-archivio”, un’opera che raccoglie materiali inediti e filmati storici, combinando tracce pubbliche e private. Le voci narranti, tra cui quelle di Sergio Castellitto nei panni di Roberto Rossellini e Kasia Smutniak in quelli di Ingrid Bergman, contribuiscono a ricreare un’atmosfera intima e personale. Isabella Rossellini interpreta se stessa, offrendo una prospettiva unica e autentica sul padre e sul suo lavoro. Altre voci significative includono Vinicio Marchioni, che presta la voce a Renzo Rossellini, e Pierluigi Gigante, che dà voce a Aldo Tonti, il direttore della fotografia di Rossellini.
Isabella ha espresso la sua gratitudine per il fatto che il messaggio e la voce di suo padre siano stati preservati in questo documentario. “Papà ci raccontava sempre cos’era il cinema e quanto odiava essere chiamato artista”, ha affermato. Questo commento riflette una delle tensioni centrali nella vita di Roberto Rossellini: il desiderio di essere visto come un innovatore e non come un simbolo di una tradizione artistica.
La memoria storica e l’eredità di Rossellini
Isabella ha anche rivelato che ha scoperto i film di sua madre, l’attrice Ingrid Bergman, solo in età più avanzata, grazie a una retrospettiva trasmessa dalla Rai. “Il problema era che avevo solo dodici anni e dovevo andare a letto presto, ma per fortuna fu fatta un’eccezione per farmeli vedere”, ha raccontato, sottolineando quanto fosse difficile per lei avvicinarsi al mondo del cinema che aveva caratterizzato la vita dei suoi genitori.
Un altro aspetto importante del documentario è la rappresentazione della vita di Rossellini dopo la sua crisi del 1956. Dopo essersi trasferito a Bombay e innamoratosi di Sonali, una sceneggiatrice, Roberto si separò da Ingrid Bergman. La narrazione del documentario si estende fino al maggio del 1977, quando Rossellini fu invitato a presiedere la giuria del Festival di Cannes. In quell’occasione, il film “Padre Padrone” dei fratelli Taviani, prodotto con un budget ridotto per la televisione, vinse il premio, un momento di grande sorpresa e riconoscimento per il regista. Pochi giorni dopo, il 3 giugno 1977, Rossellini morì, lasciando un’eredità duratura nel panorama cinematografico mondiale.
Infine, Isabella Rossellini ha commentato l’importanza degli archivi, che consentono di riscoprire l’arte del cinema e di mantenere viva la memoria di grandi artisti. “La mia famiglia però merita dei complimenti perché sono cinquant’anni che conserviamo tutte le lettere e le carte. Cose che spesso vanno perse”, ha affermato. Questa attenzione per la memoria storica è fondamentale non solo per il riconoscimento del talento di Roberto Rossellini, ma anche per la valorizzazione di un’epoca d’oro del cinema italiano.
Domani, alla Festa di Roma, ci sarà un ulteriore omaggio a Roberto Rossellini con la presentazione del restauro di “Un pilota ritorna” del 1942, un classico che continua a testimoniare la rilevanza dell’opera di Rossellini e il suo impatto duraturo sulla cinematografia mondiale.