Rosita Gentile, fashion designer di 57 anni, ha finalmente deciso di rompere il silenzio su una storia di violenza e abuso che ha segnato dodici anni della sua vita. La sua testimonianza, rilasciata in un’intervista al Corriere della Sera, ha portato alla luce le oscure dinamiche del rapporto con Mario Gregoraci, 75 anni, padre della celebre showgirl Elisabetta Gregoraci, ex moglie del noto imprenditore Flavio Briatore.
Rosita inizia raccontando di un inizio di relazione che sembrava promettente. “L’ho amato. All’inizio era protettivo”, confessa. Tuttavia, col passare del tempo, la situazione è degenerata. “Poi sono iniziati i dissidi. Era gelosissimo”, prosegue, descrivendo un uomo che, da un partner affettuoso, si è trasformato in un energumeno capace di scatenare la propria ira su di lei. “Aveva momenti di rabbia che scatenava su di me senza motivo. Mi picchiava così forte che per giorni la mia pelle era piena di lividi. Mi strappava i capelli, mi sbatteva la testa”. Rosita si trova a vivere un vero e proprio incubo quotidiano.
Una relazione tossica
La paura e le minacce di morte hanno costretto Rosita a rimanere in una relazione tossica. “Ero terrorizzata perché oltre a picchiarmi, mi ha minacciata di morte. Mi seguiva ovunque e voleva sapere chi frequentavo e con chi uscivo”. La situazione è diventata insostenibile, tanto che, qualche anno fa, ha deciso di fuggire, trovando rifugio in Canada. “Ci sono rimasta tre mesi, poi sono ritornata. Pensavo che fosse cambiato. Apparentemente era pieno d’affetto nei miei confronti. Mi aveva nuovamente illusa. Sono stata ingenua”.
Purtroppo, il ritorno in Italia non ha portato la tanto sperata normalità . “Ha ripreso a picchiarmi, più di prima. Era diventato più prepotente”, racconta Rosita. La situazione è culminata in un evento drammatico quando ha comunicato a Mario di essere rimasta incinta. “È andato su tutte le furie. Diceva che mi dovevo liberare del bambino, perché lui non lo voleva”.
La scelta difficile
Rosita si è trovata di fronte a una scelta straziante. “Non volevo abortire. Ero in condizioni di gestirlo da sola, così come ho fatto con l’altra mia figlia. Ero io che mantenevo lui finanziariamente”. Ma la violenza ha avuto conseguenze devastanti: “Un giorno, accecato dall’ira, nonostante fossi ai primi mesi di gestazione, mi ha sbattuto a terra, e sono andata a sbattere con il ventre sul bracciolo del divano. Sono quasi svenuta, mentre lui continuava ad oltraggiarmi”. L’esito tragico di questa aggressione è stato l’aborto, che Rosita attribuisce direttamente alla violenza subita.
La battaglia legale
La battaglia legale di Rosita è stata altrettanto difficile. “Ho dovuto cambiare due legali perché ho capito che non mi avrebbero salvaguardato nella mia vicenda. Oggi finalmente, grazie all’avvocato Fabio Tino, mi sento più tranquilla”. Il suo legale ha presentato numerosi documenti che attestano le violenze subite, cercando di ottenere giustizia per la sua assistita.
Le misure cautelari emesse dal giudice hanno previsto inizialmente un divieto di avvicinamento a Rosita, monitorato attraverso un braccialetto elettronico. Tuttavia, questa misura è stata sostituita con un divieto di dimora per Mario nei comuni di Soverato e Davoli. La prossima udienza preliminare è prevista per il 5 novembre, un momento cruciale per la lotta di Rosita contro la violenza domestica.
In un contesto in cui le voci delle vittime di violenza domestica stanno finalmente emergendo, il racconto di Rosita Gentile rappresenta un’importante testimonianza. La sua determinazione nel denunciare l’ex compagno e nel cercare giustizia è un messaggio di speranza per tutte le donne che si trovano in situazioni simili. La sua storia, sebbene dolorosa, è anche un richiamo alla necessità di supporto e protezione per le vittime di violenza.
Mario Gregoraci, dal canto suo, ha querelato Rosita. Tuttavia, il tribunale di Catanzaro ha archiviato il procedimento penale su richiesta del pubblico ministero, evidenziando che la querela è stata presentata nel giorno in cui l’ex compagno riceveva l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare. La vicenda, con i suoi risvolti complessi e le sue drammatiche implicazioni, non fa altro che mettere in evidenza le difficoltà che molte donne affrontano nel denunciare abusi e violenze.
Rosita, con la sua coraggiosa scelta di parlare, non solo spera di ottenere giustizia per sé stessa, ma desidera anche incoraggiare altre donne a non rimanere in silenzio. La sua storia è un monito per la società , affinché si lavori insieme per combattere la violenza e sostenere le vittime, affinché possano riconquistare la loro vita e la loro dignità .