La tragedia che ha colpito Rieti ha scosso profondamente l’intera comunità sportiva e oltre. Manuel Fortuna, 31 anni, Kevin Pellecchia, 20, e Alessandro Barberini, 53, sono stati arrestati dalla procura di Rieti con l’accusa di omicidio volontario. L’atto violento che ha portato alla morte di Raffaele Marianella, l’autista del pullman dei tifosi del Pistoia Basket, è avvenuto dopo un acceso confronto tra gruppi di ultras al termine di una partita di pallacanestro tra Pistoia e Sebastiani. La situazione è degenerata in un clima di violenza che ha visto il lancio di un sasso, che ha colpito Marianella tra la bocca e la carotide, portandolo a una morte tragica.
Le indagini hanno portato all’arresto dei tre ultras, accusati di aver partecipato all’aggressione. Secondo quanto riportato, i nomi di Fortuna, Pellecchia e Barberini sarebbero stati forniti da alcuni degli altri nove tifosi ascoltati dalla polizia. Tuttavia, tutti e tre hanno respinto le accuse, affermando di non avere alcun coinvolgimento diretto nell’evento fatale. Gli investigatori ora si preparano a eseguire le analisi del Dna sui reperti trovati sulla scena e attendono anche il tracciamento dei cellulari degli indagati per poter ulteriormente circostanziare le accuse.
Il conflitto tra ultras
Il conflitto tra i diversi gruppi di ultras è iniziato durante il match di A2, alimentato da cori provocatori. I tifosi di Rieti, rappresentati dai gruppi Bulldog e Tradizione Ostile, hanno cominciato a intonare il coro “Mio fratello è scafatese”, in risposta a quelli del Pistoia che, legati ai tifosi di Cento, hanno risposto con insulti diretti. Questo scambio di provocazioni ha dato vita a una faida che, purtroppo, ha avuto esiti tragici. L’auto della Jimmy Travel, il pullman utilizzato dai tifosi pistoiesi, è stata colpita da un oggetto lanciato dalla folla, evento che ha causato la morte di Marianella.
Profilo dei sospettati
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Manuel Fortuna: Vicecapo della curva Terminillo, un gruppo di tifosi notoriamente legato a ideologie di estrema destra. I suoi social media rivelano una forte inclinazione verso celebrazioni di eventi storici controversi e atteggiamenti di sfida nei confronti di avversari politici e sportivi. Fortuna lavora nel settore del gaming e, secondo le indagini, avrebbe utilizzato una chat su WhatsApp per pianificare l’aggressione, organizzando un raid contro i tifosi pistoiesi sulla strada statale 79.
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Kevin Pellecchia: Il più giovane del gruppo, ha un diploma in agricoltura e lavora in un vivaio. Anche lui ha un passato di segnalazioni per comportamenti violenti legati a incontri sportivi. Le conversazioni su WhatsApp, ora sotto esame da parte degli inquirenti, suggeriscono che Pellecchia fosse parte di una spedizione punitiva pianificata.
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Alessandro Barberini: Il più anziano dei tre, è attivo in associazioni di estrema destra e si vanta apertamente delle sue convinzioni sui social network. Le sue pubblicazioni rivelano un forte legame con simboli e figure storiche controverse, come Benito Mussolini. Barberini è stato notato dagli agenti di polizia mentre si allontanava dal luogo dell’incidente insieme ad altri tifosi, mascherato e in fuga.
La polizia ha intensificato le indagini non solo attraverso le testimonianze, ma anche tramite l’analisi di video e materiali raccolti durante l’evento. Gli agenti stanno cercando di ricostruire la dinamica degli eventi e di identificare ulteriori persone coinvolte nella violenza, inclusi eventuali complici. L’attenzione è rivolta anche a come la violenza tra ultras possa essere alimentata da rivalità storiche e ideologiche, che si intrecciano con la cultura sportiva italiana.
Il caso di Raffaele Marianella ha messo in luce non solo la violenza che può scaturire da rivalità sportive, ma anche le implicazioni sociali e culturali che essa comporta. Le autorità e la comunità sportiva si trovano ora di fronte a una questione complessa, che richiede un’attenta riflessione sulle radici di tali comportamenti e sull’importanza di promuovere un tifo sano e responsabile. In un momento in cui il mondo dello sport dovrebbe unire le persone, eventi come questi pongono interrogativi profondi sulla cultura del tifo in Italia e sulle misure necessarie per garantire la sicurezza negli stadi e oltre.