La situazione nella Striscia di Gaza è tornata a essere un tema centrale nel dibattito internazionale, ma come sottolinea la regista iraniana dissidente Sepideh Farsi, le decisioni cruciali riguardanti la vita dei palestinesi vengono frequentemente prese senza il loro coinvolgimento. Farsi, presente alla Festa del Cinema di Roma con il suo documentario “Put Your Soul On Your Hand And Walk”, esprime una profonda preoccupazione per la mancanza di ascolto nei confronti delle voci palestinesi, affermando che “Hamas non rappresenta in alcun modo la Palestina e tutte le anime palestinesi”. La registrazione della sua esperienza, insieme alla testimonianza della giovane fotoreporter Fatma Hassouna, uccisa in un attacco aereo, mette in luce la complessità e il dolore della realtà quotidiana per i palestinesi sotto le bombe.
La narrazione della guerra attraverso gli occhi di Fatma
Il documentario di Farsi racconta i mesi di guerra a Gaza attraverso una serie di videochiamate con Fatma, che ha condiviso la sua vita e le sue esperienze in un contesto di violenza e paura. La giovane fotoreporter, solo 24 anni, ha cercato di documentare la verità sul campo, ma la sua storia si è tragicamente conclusa quando è stata colpita da un drone. Questo evento evidenzia il rischio estremo che affrontano i giornalisti in territori di conflitto come Gaza, dove le loro vite sono costantemente in pericolo.
Farsi ricorda il dramma di Fatma e della sua famiglia: “Il palazzo dove è morta Fatma con i suoi parenti è stato di nuovo colpito e completamente distrutto. Non si capisce il senso di radere al suolo un immobile ora vuoto come quello, a parte tentare di occultare le prove del genocidio”. Le parole di Farsi mettono in luce la brutalità della guerra e la disumanizzazione dei palestinesi, la cui vita e dignità sembrano non contare di fronte alle scelte politiche e militari imposte dall’esterno.
La crisi umanitaria e il cessate il fuoco
Il cessate il fuoco recentemente annunciato è, secondo Farsi, “molto parziale e insufficiente”. Mentre il mondo spera in una pace duratura, la cineasta avverte che i bombardamenti continuano e gli aiuti umanitari sono bloccati. Solo un numero ridotto di camion riesce a entrare a Gaza, ben lontano dai 600 necessari per far fronte alla crisi umanitaria. “Il presunto cessate il fuoco verso una presunta pace, in realtà non sta avvenendo”, afferma con amarezza.
La lotta per la verità e la giustizia
La storia di Sepideh Farsi è intrinsecamente legata alla sua esperienza personale. Cresciuta durante la rivoluzione iraniana, ha subito arresti e persecuzioni politiche, trovando rifugio in Francia. La sua carriera di cineasta si è sviluppata in un contesto di lotta per i diritti umani e la libertà di espressione. Ha documentato la vita in Iran e ha cercato di dare voce a chi non ne ha, creando opere che affrontano tematiche sociali e politiche con una forte componente umana. La sua determinazione a raccontare la verità si riflette nella scelta di narrare la vita di Fatma, una giovane donna che rappresenta la resilienza e la speranza di un intero popolo.
Durante le conversazioni con Fatma, Farsi ha percepito la forza interiore della giovane fotoreporter. “Avevo sempre la paura che ogni conversazione potesse essere l’ultima”, confida Farsi. Ogni scambio di messaggi era carico di tensione, ma anche di una profonda umanità. Fatma, con il suo sorriso e la sua positività, riusciva a trasmettere un messaggio di resistenza e dignità anche nella tragedia. “Le mandavo messaggi ogni giorno, per sapere se stesse bene”, racconta, evidenziando come la speranza e l’amore abbiano il potere di superare anche le circostanze più avverse.
Le parole di Fatma, che affermava di essere “fiera” della sua identità palestinese, rappresentano un inno alla resistenza. “Qualunque cosa avessero fatto al suo popolo, non sarebbero stati sconfitti, perché non avevano niente da perdere”, dice Farsi, sottolineando l’importanza di dare voce a queste narrazioni di lotta e orgoglio. La semplicità e la forza delle parole di Fatma risuonano come un richiamo alla giustizia e alla verità in un mondo in cui spesso prevalgono il silenzio e l’indifferenza.
Il film di Sepideh Farsi, in uscita nelle sale italiane il 27 novembre con Wanted Cinema, non è solo un documento della guerra a Gaza, ma un atto di testimonianza e una chiamata all’azione per il pubblico. Attraverso il suo lavoro, Farsi non solo onora la memoria di Fatma, ma cerca anche di sensibilizzare il mondo sulla condizione dei palestinesi e sull’importanza di ascoltare le loro storie. La sua presenza alla Festa del Cinema di Roma è un’opportunità per riflettere su un conflitto che continua a segnare profondamente la vita di milioni di persone e sulla necessità di costruire una pace autentica che coinvolga tutte le parti in causa.