La tragica strage di carabinieri avvenuta in via San Martino 22 a Castel D’Azzano ha suscitato un profondo dibattito nell’opinione pubblica, rivelando inquietanti dinamiche familiari e finanziarie legate ai tre fratelli Ramponi. Franco, Dino e Maria Luisa, uniti da una storia di isolamento e conflitto, hanno compiuto gesti estremi che hanno scosso la comunità.
Nati tra il 1960 e il 1965, i fratelli Ramponi sono cresciuti in una casa colonica ereditata dai genitori, descritti da chi li conosce come «venuti giù dalla montagna». La loro vita, caratterizzata da un forte distacco dalla società, si è svolta in un ambiente rurale dove l’unica realtà conosciuta era quella dei campi e degli animali. Su queste terre si estendeva un frutteto, il cui destino è stato al centro di un acceso contenzioso legale.
La richiesta di mutuo e la firma falsa
La storia della famiglia Ramponi ha inizio quando Franco Ramponi si rivolge al Credito Padano per ottenere un mutuo di 70 mila euro, finalizzato all’impianto di un frutteto. I problemi iniziano quando i pagamenti delle rate cessano quasi immediatamente, spingendo la banca ad avviare una procedura esecutiva. Secondo quanto riportato dall’avvocato Sandro Carra, Franco denunciò la perdita della carta d’identità e un presunto scambio di persona per negare la firma del mutuo. La sua tesi, tuttavia, è stata considerata poco credibile, soprattutto poiché parte dei fondi erano stati utilizzati per ripianare debiti personali.
Franco ha sempre sostenuto la sua innocenza, affermando che la firma non era sua e che la situazione era frutto di un grave errore. “Ci sono perizie calligrafiche che parlano chiaro: quella non è la mia firma”, ha dichiarato, evidenziando il suo stato di impotenza di fronte a una burocrazia che sembrava ignorare il suo grido di aiuto. Nonostante le sue affermazioni, il tribunale ha dato ragione alla banca, che ha ceduto i crediti a una società di recupero.
Incidenti e crisi familiare
La vita dei Ramponi è stata segnata da eventi tragici, come l’incidente del 2018 in cui un trattore, guidato da uno dei fratelli, ha causato la morte di un camionista. L’assenza di luci e segnali di avvertimento sul trattore ha sollevato polemiche e ha contribuito a dipingere un quadro di irregolarità nella gestione della loro attività agricola, aggravando il già fragile stato mentale dei tre fratelli.
Nel novembre 2024, i Ramponi si erano barricati in casa, riempiendo gli ambienti di bombole di gas, manifestando la loro determinazione a opporsi allo sgombero. La procura ha avviato perquisizioni per cercare armi, mentre la famiglia si sentiva sempre più sotto assedio. Maria Luisa ha espresso la sua frustrazione, dichiarando: “Sono cinque anni che lottiamo per avere giustizia. Ci hanno portato via la nostra azienda agricola e ora vogliono portarci via anche la casa”.
Un epilogo tragico
La casa colonica di via San Martino 22 è diventata un simbolo della loro disperazione. “Ci è rimasta solo la casa e ora vogliono portarci via anche quella. Ma faremo di tutto…”, ha affermato Maria Luisa, esprimendo la determinazione della famiglia a non arrendersi. Questa lotta è culminata in un drammatico evento il giorno dello sgombero, quando i fratelli, oppressi da un senso di ingiustizia e impotenza, hanno scelto di agire in modo violento.
La comunità di Castel D’Azzano ha assistito con incredulità a questa spirale di eventi, con molti che hanno cercato di avvicinarsi ai Ramponi per offrire aiuto. La sindaca, Elisa Guadagnini, ha descritto i fratelli come persone chiuse e isolate, senza mai chiedere aiuto alle istituzioni locali. “Abbiamo tentato di instaurare un rapporto di fiducia, ma Maria Luisa è rimasta sempre ferma sulla sua posizione”, ha raccontato, evidenziando la difficoltà di raggiungere una mediazione.
Il tragico epilogo di questa vicenda ha scosso non solo la comunità locale, ma anche l’intera nazione, portando a una riflessione più ampia sulle conseguenze dell’isolamento sociale e delle difficoltà economiche. La strage dei carabinieri di Castel D’Azzano è un monito della fragilità delle vite umane di fronte a situazioni di crisi e della necessità di affrontare il tema della salute mentale e del supporto sociale in modo più incisivo.