Libera, una 55enne toscana affetta da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), ha lanciato un appello disperato per ricevere assistenza nel suo desiderio di accedere al suicidio assistito. La sua richiesta si scontra con un sistema sanitario e legale che, nonostante recenti sviluppi normativi, non sembra in grado di fornirle le risposte e le soluzioni necessarie. Paralizzata dal collo in giù, Libera non ha la possibilità di somministrarsi il farmaco letale autonomamente, come previsto dalla legge italiana. La situazione è diventata insostenibile per lei, che ha dichiarato: «Il limite della mia sopportazione è stato superato. Chiedo l’aiuto di un medico per poter morire».
Il contesto giuridico del suicidio assistito
Il contesto giuridico in cui si colloca la sua richiesta è complesso e delicato. Nel luglio 2023, la Corte Costituzionale italiana ha emesso una sentenza che, sebbene avesse aperto alla possibilità di suicidio assistito, ha stabilito che l’autosomministrazione del farmaco letale deve avvenire tramite dispositivi idonei in grado di garantire l’autonomia del paziente. Tuttavia, attualmente non esistono dispositivi che consentano a una persona non autosufficiente di somministrarsi il farmaco, complicando enormemente la situazione di Libera.
L’appello dell’Associazione Luca Coscioni
La questione ha attirato l’attenzione dell’Associazione Luca Coscioni, che ha espresso la propria disponibilità a intraprendere azioni di disobbedienza civile per sostenere Libera nella sua battaglia. Marco Cappato, tesoriere dell’associazione, ha sottolineato l’urgenza di una risposta da parte delle istituzioni, affermando: «Se lo Stato italiano non troverà il modo di porre immediatamente fine allo scaricabarile istituzionale contro Libera, ci assumeremo la responsabilità di aiutarla con azioni di disobbedienza civile contro la violenza che sta subendo».
Il diritto alla morte dignitosa in Italia
La storia di Libera è emblematico di un problema più ampio che riguarda il diritto alla morte dignitosa in Italia. Negli ultimi anni, il tema dell’eutanasia e del suicidio assistito è diventato oggetto di dibattito pubblico e politico, con diverse proposte di legge che si sono susseguite senza però arrivare a una soluzione definitiva. La Corte Costituzionale, con la sentenza 242 del 2019, aveva già delineato alcuni principi fondamentali riguardanti la possibilità di accedere a interventi di fine vita in determinate condizioni, ma la loro applicazione rimane incerta e soggetta a interpretazioni.
L’iter di Libera per il suicidio assistito
Il percorso di Libera è iniziato nel marzo 2024, quando ha presentato una richiesta all’ASL per poter accedere al suicidio medicalmente assistito. Tuttavia, il suo primo tentativo è stato respinto a causa della sua decisione di rifiutare la nutrizione artificiale tramite PEG, un trattamento considerato necessario dalle autorità sanitarie per soddisfare i requisiti della legge. Libera ha descritto questa esperienza come «crudele e umiliante», esprimendo il desiderio di avere la libertà di scegliere come e quando morire senza dover passare attraverso un percorso che considera invasivo e non volontario.
La situazione si è complicata ulteriormente quando, dopo la sentenza della Corte Costituzionale di luglio, sono stati richiesti pareri tecnici al Ministero della Salute, all’Istituto Superiore di Sanità e al Consiglio Superiore di Sanità . La risposta è stata chiara: non esistono attualmente dispositivi in grado di garantire l’autosomministrazione del farmaco letale per chi ha perso l’uso degli arti. Questo ha bloccato ogni possibilità per Libera di accedere al suicidio assistito, lasciandola in una situazione di profonda sofferenza e senza alternative.
La vicenda di Libera non è solo una questione personale, ma rappresenta un simbolo della lotta per i diritti civili in Italia. La sua richiesta di aiuto è un grido di dolore che risuona in un contesto in cui molte persone si trovano ad affrontare condizioni di vita insostenibili senza la possibilità di scegliere il proprio destino. Mentre le istituzioni si trovano ad affrontare un dilemma complesso, la vita di Libera è diventata il fulcro di un dibattito che richiede attenzione e sensibilità , affinché il diritto alla dignità e all’autodeterminazione possa essere finalmente riconosciuto e rispettato.