Don Jordan Coraglia, conosciuto come il «prete calciatore», si trova attualmente al centro di un caso giudiziario di grande rilevanza, che ha attirato l’attenzione sia della comunità locale che dell’opinione pubblica. Il sacerdote bresciano, ex parroco di Castelcovati e Comezzano-Cizzago, sarà giudicato con rito abbreviato per detenzione di materiale pedopornografico. Questa decisione è stata presa dal giudice per l’udienza preliminare Alessandra Sabatucci, su richiesta del suo difensore, l’avvocato Paolo Inverardi. L’udienza è fissata per il 19 dicembre e, in caso di condanna, il rito abbreviato potrebbe comportare una riduzione della pena fino a un terzo.
La scoperta del materiale illecito
Attualmente, Don Coraglia si trova agli arresti domiciliari, privo di connessione internet, in un eremo nella Vallecamonica. La sua vita, un tempo dedicata alla comunità e al calcio, ha preso una piega drammatica a causa delle gravi accuse che lo coinvolgono. L’indagine, coordinata dalla polizia postale e dalla Questura di Roma, ha rivelato un vasto archivio di circa 1.500 file contenenti materiale pedopornografico, rinvenuti nei dispositivi elettronici del prete. Questa scoperta ha scosso profondamente la comunità locale.
Le accuse si aggravano ulteriormente con il coinvolgimento di Don Coraglia in attività di scambio di materiale pedopornografico tramite Telegram e Instagram. Secondo le ricostruzioni, il sacerdote avrebbe utilizzato sim straniere e applicazioni per navigare in modo anonimo, cercando di sfuggire ai controlli. Tra i gruppi identificati dagli inquirenti, uno portava il nome di «Ita», dove circolavano immagini e video espliciti di minori di età compresa tra i dieci e i quattordici anni, provenienti in gran parte da contesti economici disagiati.
Le interazioni online e il profilo di Don Coraglia
Ulteriori prove raccolte durante le indagini mostrano che Don Coraglia aveva interagito online con adolescenti, spacciandosi per un quindicenne per avvicinare un ragazzo della sua età. Questa strategia è stata analizzata dal pubblico ministero Giovanni Tedeschi, che guida le indagini. Le chat rinvenute dalle autorità mettono in luce un comportamento allarmante, evidenziando tentativi di manipolazione e adescamento che sollevano serie preoccupazioni.
La figura di Don Coraglia, prima di questo scandalo, era nota anche per la sua passione per il calcio. Aveva partecipato a partite con la Nazionale italiana dei sacerdoti, avvicinandosi a personaggi pubblici come Papa Francesco. Nel 2019, durante una partita amichevole, il sacerdote aveva incontrato il Papa in piazza San Pietro, donandogli una maglietta con il numero 6. Quell’incontro, un momento di celebrazione, è ora offuscato dalle gravi accuse che lo riguardano.
Le reazioni della comunità e le implicazioni future
La comunità di Castelcovati e le parrocchie circostanti sono rimaste profondamente scosse dalla notizia. La figura del sacerdote, tradizionalmente associata a valori di guida morale e spirituale, ha subito un duro colpo. I fedeli si interrogano su come sia possibile che una persona in una posizione di fiducia possa essere coinvolta in attività tanto aberranti.
Il caso ha riacceso il dibattito sulle misure di prevenzione e controllo all’interno della Chiesa, che ha cercato di affrontare la questione degli abusi sessuali e del materiale pedopornografico. Le autorità ecclesiastiche sono sempre più sotto pressione per garantire che simili episodi non si ripetano.
La prossima udienza del 19 dicembre rappresenterà un momento cruciale sia per Don Coraglia che per la comunità. I risultati del processo potrebbero avere un impatto significativo sulla vita del sacerdote e sulla percezione della Chiesa da parte dei fedeli e dell’opinione pubblica. La speranza è che la giustizia possa fare il suo corso, contribuendo a un cambiamento positivo nella gestione delle problematiche legate agli abusi all’interno delle istituzioni religiose.