Il surrealismo ha il potere di sfumare i confini tra realtà e immaginazione, e questo è particolarmente evidente nell’opera di Rodney Smith, un artista che ha saputo tradurre in immagini la tensione tra il divino e l’umano. La sua fotografia non è semplicemente un mezzo di rappresentazione, ma un invito a esplorare una dimensione paralizzante, dove geometrie perfette si intrecciano con l’irrazionale e dove il soggetto fluttua in un vuoto suggestivo. Smith, scomparso nel 2016, ha lasciato un’eredità artistica che sta finalmente emergendo al grande pubblico grazie a mostre come quella organizzata a Rovigo, la prima retrospettiva italiana a lui dedicata.
la mostra di rovigo
L’esposizione, intitolata “Rodney Smith, fotografia tra reale e surreale”, presenta 123 immagini che catturano l’essenza di un mondo incantato, dove tempo e spazio si piegano a una logica personale e poetica. Le opere di Smith, pur essendo meticolosamente costruite, nascono da un processo creativo fluido. La curatrice Anne Morin sottolinea che la fotografia di Smith, spesso associata alla moda, va ben oltre questa etichetta. “È un grande equivoco pensare a lui solo come un fotografo di moda. Era un filosofo che usava la fotografia per esprimere la sua visione del mondo”, afferma Morin, richiamando l’attenzione sul suo amore per pensatori come Spinoza, Cartesio e Platone.
atmosfere sospese e riflessioni profonde
La fotografia di Smith è caratterizzata da atmosfere sospese e figure che sembrano fluttuare in uno spazio senza tempo. Le sue opere evocano un senso di meraviglia e malinconia, trascendendo la mera rappresentazione per invitare lo spettatore a riflettere sulla propria esistenza. I suoi scatti, realizzati in luoghi scelti con cura, sono il risultato di un’attesa paziente per il momento di luce perfetto. Questo approccio ricorda l’arte di grandi maestri della pittura, dove tempo e luce sono essenziali per creare opere che parlano all’anima.
Un esempio emblematico del suo stile è l’immagine del 1995 che ritrae cinque soggetti su una chiatta sull’Hudson, con gli ombrelli aperti in corrispondenza delle Torri Gemelle e dell’altro skyline di New York. Questo scatto non è solo un omaggio alla città, ma una riflessione profonda sul passare del tempo e sull’inevitabilità del cambiamento, temi ricorrenti nella sua opera.
l’eredità artistica di rodney smith
Rodney Smith ha iniziato a coltivare la sua passione per la fotografia fin da bambino, ispirato da figure come Walker Evans e Margaret Bourke-White. La sua carriera lo ha portato a collaborare con alcune delle testate più prestigiose, come Time, The New York Times e Vanity Fair, ma la sua vera essenza artistica si esprime nei progetti più personali. La sua transizione dal bianco e nero al colore nel 2002 non è stata una scelta casuale; Smith credeva che il bianco e nero avesse una profondità e una intensità che il colore non poteva eguagliare, ma il suo passaggio al colore ha rappresentato un’evoluzione della sua visione artistica.
Nella mostra di Rovigo, si possono notare anche influenze cinematografiche, con richiami a registi come Alfred Hitchcock, Terrence Malick e Wes Anderson, che hanno saputo giocare con la percezione del tempo e della realtà. La sua vedova, Leslie Smolan, ha condiviso la sua gioia nel vedere il lavoro di Smith finalmente apprezzato e riconosciuto in Italia. “Mi sono innamorata prima del suo talento e poi dell’uomo”, ha dichiarato durante l’inaugurazione, parlando del loro incontro nel 1987 e dell’incredibile connessione che hanno condiviso.
Smith è stato descritto come “un ingegnere del tempo perduto”, un perfezionista che ha dedicato la sua vita a costruire un ordine geometrico del pensiero attraverso l’arte della fotografia. La sua riflessione sulla fotografia è profonda: “Se una foto ha una risposta per ogni domanda, non serve guardarla più di una volta”. Questa affermazione riassume la sua visione, invitando lo spettatore a cercare significati più profondi e a esplorare le proprie domande esistenziali attraverso le sue opere.
La retrospettiva di Rovigo non è solo un omaggio a un fotografo, ma un invito a esplorare un universo parallelo, dove l’incontro tra filosofia e surrealismo si manifesta in ogni scatto. La ricchezza di significato nelle opere di Smith ci spinge a riflettere su cosa significhi realmente “vedere”, a guardare non solo con gli occhi, ma anche con la mente e il cuore. La sua eredità continua a ispirare e a sfidare, invitando ciascuno di noi a entrare in quella “fessura” che separa l’umano dal divino, alla ricerca della nostra personale visione del mondo.