Il caso di Garlasco, che ha scosso l’Italia nel 2007 con l’omicidio di Chiara Poggi, continua a suscitare interesse e dibattito. Recentemente, Armando Palmegiani, ex consulente della polizia e nuovo incaricato dalla difesa di Andrea Sempio, ha attirato l’attenzione per le sue dichiarazioni sulle prove forensi del caso. La sua nomina è avvenuta dopo il ritiro di Luciano Garofano, un noto esperto di criminologia. Questo cambio di consulente ha riacceso i riflettori sul caso, portando alla ribalta le opinioni di Palmegiani, già noto per i suoi interventi sul canale YouTube “Nero Crime”.
l’intervista e le dichiarazioni di Palmegiani
Palmegiani, con un’esperienza di 38 anni nella polizia e specializzato in Bloodstain Pattern Analysis, ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera in cui esprime la sua sorpresa per l’attenzione mediatica ricevuta. In questa intervista, ha dichiarato: «Non c’è che dire: mi hanno dato il ben arrivato. Ho appena accettato l’incarico e sono già al centro di un attacco mediatico allucinante». La sua preoccupazione riflette un clima di forte tensione attorno al processo, in cui le opinioni espresse possono avere un impatto significativo sull’opinione pubblica.
I video di Palmegiani su “Nero Crime” sono stati ripresi recentemente, dove il consulente sembrava esprimere una certa sicurezza riguardo alla connessione tra il DNA trovato sotto le unghie della vittima e Sempio. In particolare, Palmegiani aveva sostenuto che il profilo Y di DNA era attribuibile a Sempio, ma ora, in un apparente cambio di rotta, afferma che la situazione è molto più complessa. Ha spiegato che «sotto le unghie di Chiara c’è un profilo Y, ma parliamo di un profilo incompleto e la parte visibile è parzialmente riferibile a Sempio. Ma da questo per giungere a una identificazione ce ne vuole». La sua posizione si fa più cauta, sottolineando che se quel DNA fosse effettivamente di Sempio, sarebbe troppo debole per considerarlo una prova valida.
l’impronta 33 e le contraddizioni
Un altro punto cruciale è rappresentato dall’impronta 33, che ha attirato l’attenzione degli investigatori e della stampa. Palmegiani ha rilasciato un’opinione diametralmente opposta rispetto a quanto dichiarato in precedenza: «Non ho dubbi: non porta da nessuna parte. Perché i punti di contatto non sono sufficienti per attribuirla». Questa dichiarazione ha sollevato interrogativi sulla coerenza delle sue posizioni e sulla sua competenza nel valutare i reperti. Quando il giornalista Alfio Sciacca gli ha fatto notare che in passato aveva affermato che quel DNA non era da contatto, Palmegiani ha risposto con una certa ambiguità: «Non ricordo. Ma tenga conto che c’è stata una fase nella quale non avevo tutti gli atti a disposizione». Questa affermazione ha alimentato ulteriori dubbi sulla sua preparazione e sulla tempestività delle sue analisi.
la questione dell’affidabilità delle prove
La questione centrale rimane quindi l’affidabilità delle prove presentate nel processo e la loro interpretazione. Palmegiani ha dichiarato di essere convinto che non ci siano elementi sufficienti per sostenere l’accusa nei confronti di Sempio, ma le sue parole sollevano interrogativi su come si possa sostenere una tesi senza aver esaminato attentamente tutti gli atti. La sua affermazione di non voler affossare Alberto Stasi, l’altro principale indagato, per difendere il suo assistito, sembra voler sottolineare un principio di giustizia, ma porta con sé anche il rischio di un’interpretazione parziale dei fatti.
In questo contesto, Palmegiani ha descritto Sempio come una vittima di un “accanimento giudiziario”, evidenziando la pressione mediatica e sociale che ha subito nel corso degli anni. Ha affermato: «Quello è certo. La possiamo pensare come vogliamo, ma per anni è stato sottoposto a un vero inferno mediatico. Anche le sorelle Cappa, che non sono nemmeno indagate, sono state massacrate». Queste parole mettono in luce l’aspetto umano e psicologico del caso, spesso trascurato in favore delle sole evidenze materiali.
La storia di Garlasco continua a essere un labirinto di opinioni, prove e controprove, in cui il ruolo degli esperti e il loro modo di comunicare sono cruciali. La comunità e i familiari delle vittime si trovano a fronteggiare una situazione di grande complessità, mentre la ricerca della verità si intreccia con le dinamiche di un processo che sembra non avere mai fine. Il caso rimane aperto e le future udienze promettono di riservare ulteriori colpi di scena e rivelazioni.