“Super Happy Forever – La ragazza dal cappello rosso”, diretto da Kohei Igarashi, è un’opera cinematografica che ha già catturato l’attenzione del pubblico, avendo inaugurato le Giornate degli Autori al Festival di Venezia 81. Questo film affronta una tematica delicata e universale: la capacità di affrontare la morte improvvisa di una persona amata, un argomento che risuona con le esperienze di molti.
Il protagonista, Sano, interpretato da Hiroki Sano, è un giovane che non riesce a liberarsi dal peso del lutto, cinque anni dopo la scomparsa della moglie Nagi, interpretata da Nairu Yamamoto. La narrazione del film ci porta in un viaggio emotivo e fisico nella penisola di Izu, a un’ora da Tokyo, dove Sano, insieme al suo migliore amico Miyata (Yoshinori Miyata), si reca per rivivere i ricordi di un amore che sembra non svanire mai. Qui, tra le onde del mare e i paesaggi costieri, i due amici cercano di ricostruire il passato, ritornando nei luoghi che un tempo erano testimoni della loro felicità.
Il cappello rosso come simbolo di amore perduto
Uno degli elementi centrali del film è il cappello rosso, un oggetto che diventa simbolo di un amore perduto e oggetto di una ricerca che trascende il tempo. Il cappello, smarrito durante una vacanza che segnò l’inizio della loro storia d’amore, rappresenta non solo un ricordo tangibile, ma anche la connessione emotiva tra Sano e Nagi. La ricerca di questo cappello diventa quindi un viaggio interiore, un modo per affrontare la perdita e dare spazio ai ricordi.
Igarashi ha dichiarato che la sua intenzione era quella di creare un’opera semplice, ma ricca di significato, che richiamasse i classici del cinema giapponese ed europeo. Questo approccio minimalista è evidente nel ritmo del film, che invita lo spettatore a riflettere sui piccoli cambiamenti della vita, su quegli attimi che spesso sfuggono nella frenesia quotidiana. “Volevo che il film fosse una meditazione sulla vita, sull’amore e sulla morte”, afferma il regista, sottolineando come ogni scena, ogni interazione, porti con sé un peso emotivo.
Un’opera di tranquillità e introspezione
A differenza di molte produzioni contemporanee, “Super Happy Forever” si distingue per la sua tranquillità. La narrazione si dipana con calma, permettendo agli spettatori di immergersi nella riflessione e nell’introspezione. Ogni piccolo evento, anche quelli che inizialmente sembrano negativi, si rivela essenziale per la crescita del protagonista e per la comprensione della sua storia. “Quando morirò, il mio corpo scomparirà, ma la mia presenza continuerà”, dice Igarashi, enfatizzando la persistenza dei ricordi e dell’amore che, anche se fisicamente lontano, rimane vivente nel cuore di chi ama.
La dimensione autobiografica e il processo creativo
La dimensione autobiografica del film emerge chiaramente: Igarashi ricorda con nostalgia le vivaci destinazioni turistiche di Izu e Atami, luoghi che hanno segnato la sua infanzia negli anni ’80. Questi posti, carichi di significato personale, diventano il palcoscenico ideale per esplorare tematiche universali come la perdita e il ricordo, rendendo il film non solo una storia di un amore perduto, ma anche un tributo a un’epoca e a un luogo che hanno formato il suo immaginario.
Il processo creativo di Igarashi è caratterizzato da una sorta di serendipity. La sua visione cinematografica si è sviluppata attraverso eventi casuali e incontri fortuiti, che hanno arricchito le sue opere in modi inaspettati. “Ho scoperto che il mio cinema è il risultato di molte coincidenze”, afferma il regista, sottolineando come la bellezza dell’improvvisazione e degli imprevisti possa arricchire la narrazione e dare vita a momenti unici sul grande schermo.
“Super Happy Forever” non è solo un film sulla perdita, ma è anche una celebrazione della vita e dei legami che ci uniscono. La presenza di Nagi, pur essendo fisicamente assente, permea ogni scena, rendendo il film un viaggio attraverso l’amore, il dolore e la memoria. La dolcezza e la malinconia si intrecciano in un racconto che invita il pubblico a riflettere sulle proprie esperienze e sul significato dei legami affettivi.
Con una cinematografia che cattura la bellezza dei paesaggi giapponesi e una colonna sonora che accompagna le emozioni dei personaggi, “La ragazza dal cappello rosso” si pone come un’opera che invita a una profonda riflessione su ciò che significa amare e perdere. La delicatezza con cui Igarashi affronta questi temi lo rende un film imperdibile, capace di toccare le corde più profonde del cuore umano.