La recente decisione della Corte di Cassazione, sancita con l’ordinanza n. 25495 del 17 settembre 2023, segna un punto di svolta importante nel riconoscimento dei diritti economici per le coppie unite civilmente. Fino a oggi, l’assegno di mantenimento era un istituto riservato esclusivamente agli ex coniugi, ma questa nuova interpretazione estende tale diritto anche alle unioni civili, promuovendo una maggiore equità economica tra i partner.
La questione è emersa grazie al ricorso di una donna che, dopo la rottura della sua unione civile con un’altra donna, ha richiesto un contributo economico per il suo sostentamento. La Prima Sezione Civile della Cassazione ha accolto la richiesta, chiarendo che è possibile stabilire un assegno periodico a favore del partner economicamente più svantaggiato in caso di scioglimento dell’unione civile.
I criteri per l’assegno di mantenimento
L’ordinanza della Cassazione ha stabilito che i criteri per determinare l’assegno di mantenimento sono simili a quelli previsti dall’articolo 5, comma 6, della legge sul divorzio del 1970. Per stabilire l’ammontare dell’assegno, è necessario considerare vari fattori:
- La situazione economica dei partner
- L’inadeguatezza dei mezzi di sussistenza del richiedente
- La capacità di procurarsi un reddito
- L’eventuale squilibrio economico derivante dai sacrifici fatti per la vita comune
Questa impostazione mira a garantire una protezione adeguata a chi, all’interno della coppia, ha svolto un ruolo di supporto, rinunciando magari a opportunità lavorative per favorire la crescita della famiglia o del patrimonio comune. È un riconoscimento significativo per le coppie che hanno deciso di costruire una vita insieme, ma che, in caso di separazione, si trovano a dover affrontare il tema della propria autosufficienza economica.
La doppia funzione dell’assegno
La decisione della Cassazione non si limita a riconoscere il diritto a un assegno di mantenimento, ma evidenzia anche la sua doppia funzione. Da un lato, l’assegno ha una funzione assistenziale, garantendo all’ex partner un livello di vita dignitoso, soprattutto in situazioni di vulnerabilità economica. Dall’altro lato, ha una funzione compensativa, che mira a riequilibrare i rapporti economici quando uno dei partner ha sacrificato opportunità personali o professionali per sostenere la coppia.
Questa dinamica è particolarmente rilevante nell’ambito delle unioni civili, dove le esigenze di protezione e sostegno reciproco rimangono fondamentali.
L’unione civile sul piano giuridico
Sebbene l’unione civile si avvicini al matrimonio in termini di diritti e doveri, presenta comunque differenze significative sul piano giuridico. A differenza del matrimonio, non esiste una fase di separazione; in caso di rottura, si passa direttamente allo scioglimento dell’unione. Di conseguenza, non è previsto un assegno durante il periodo di separazione, che invece è contemplato per le coppie sposate.
Tuttavia, con la recente sentenza, la Cassazione ha riconosciuto che le stesse regole che disciplinano il mantenimento post-divorzio devono essere applicate anche alle unioni civili. Questo rappresenta un’evoluzione importante, poiché offre una maggiore sicurezza giuridica e economica a chi decide di formalizzare la propria relazione attraverso un’unione civile.
Le convivenze di fatto e le loro limitazioni
È fondamentale notare che la sentenza della Cassazione non si applica alle coppie non formalizzate, ovvero alle convivenze di fatto. Queste coppie continuano a disporre di strumenti giuridici limitati, come i contratti di convivenza, ma non hanno accesso a un assegno economico equiparabile a quello previsto per le unioni civili e i matrimoni. Questa situazione solleva interrogativi sulla necessità di una revisione della legislazione vigente, affinché anche le coppie di fatto possano beneficiare di tutele economiche adeguate.
Il riconoscimento dell’assegno di mantenimento per le unioni civili è un passo avanti significativo verso l’uguaglianza dei diritti, ma resta da affrontare la questione delle convivenze di fatto, che rimangono in una posizione giuridica precaria. La recente sentenza della Cassazione, quindi, non solo rappresenta un cambiamento normativo, ma anche un segnale di una società in evoluzione, che cerca di riconoscere e tutelare la diversità delle relazioni affettive.