Il 31 maggio 2024 rimarrà impressa nella memoria collettiva della comunità friulana. In quella tragica giornata, tre giovani – Bianca Doros, Patrizia Cormos e Cristian Molnar – hanno perso la vita a causa di una piena inaspettata del torrente Natisone. Questo evento ha scosso profondamente non solo le famiglie delle vittime, ma l’intera regione, portando a una richiesta di giustizia che si traduce in un risarcimento danni di 3,7 milioni di euro. Le famiglie, unite nel dolore, si sono costituite parte civile in un processo che coinvolge tre vigili del fuoco e un infermiere, desiderose di far sentire la loro voce.
La richiesta di risarcimento è suddivisa in quote specifiche per ciascuna famiglia:
1. 1 milione e 269mila euro per la famiglia Cormos
2. 1 milione e 200mila euro per la famiglia Doros
3. 1 milione e 243mila euro per la famiglia Molnar
I legali delle famiglie attribuiscono la responsabilità della tragedia alla gestione dei soccorsi, sottolineando che la risposta alle chiamate di aiuto è stata tardiva e inadeguata.
La ricostruzione della tragedia
Secondo la ricostruzione degli eventi, Bianca, Patrizia e Cristian si trovavano nel greto del fiume, apparentemente in secca, per scattare fotografie. In un attimo, la situazione è cambiata drammaticamente: una piena inaspettata li ha colti di sorpresa, intrappolandoli su un isolotto. Hanno immediatamente chiamato i soccorsi tramite i loro cellulari, ma le risposte sono arrivate con troppo ritardo. Le famiglie sostengono che un intervento aereo, come l’invio di un elicottero, avrebbe potuto salvare i loro cari. “Un elicottero forse avrebbe potuto salvarli”, affermano con convinzione, evidenziando che una risposta più rapida sarebbe stata cruciale per evitare il drammatico epilogo.
L’avvocato Maurizio Stefanizzi, che rappresenta i familiari, ha descritto il lungo e straziante periodo di attesa, evidenziando come i giovani siano morti annegati dopo oltre 40 minuti in attesa dei soccorsi. “I familiari hanno vissuto l’agonia quasi in diretta televisiva”, ha dichiarato, sottolineando il profondo trauma psicologico subito dai genitori e dai fratelli delle vittime, che ora devono affrontare ansia, insonnia e depressione.
Le responsabilità legali
Secondo gli atti del processo, il primo allarme fu lanciato dalla vittima stessa, che contattò telefonicamente i Vigili del Fuoco. L’infermiere della Sores, coinvolto nella gestione della situazione, fu contattato solo 15 minuti dopo e comunicò esclusivamente con i pompieri, senza interagire direttamente con i ragazzi in pericolo. Queste tempistiche sollevano interrogativi sulla gestione dell’emergenza e sull’efficacia delle procedure di soccorso in situazioni critiche.
Se il giudice accoglierà le richieste delle famiglie, il risarcimento sarà a carico del Ministero dell’Interno per i tre vigili del fuoco in servizio al comando di Udine e dell’Azienda regionale di coordinamento per la salute per l’infermiere coinvolto. Tutti e quattro gli imputati hanno scelto di accedere al giudizio immediato, rinunciando all’udienza preliminare inizialmente prevista per il 19 settembre.
Il percorso giudiziario
Il primo processo si aprirà il 17 novembre, con l’apparizione in aula dell’infermiere. Se non ci saranno unificazioni dei procedimenti, i tre vigili del fuoco affronteranno il processo a partire dal 2 dicembre. Questa tempistica segna l’inizio di un percorso legale complesso e delicato, non solo per le famiglie delle vittime, ma anche per l’intero sistema di soccorso e per la comunità, che attende con ansia di conoscere la verità sulla tragedia del Natisone.
Il caso ha già sollevato un acceso dibattito pubblico sull’efficacia dei soccorsi in situazioni di emergenza e sulla necessità di una revisione delle procedure di intervento. La questione della sicurezza nei corsi d’acqua e delle misure preventive da adottare in caso di fenomeni meteorologici estremi è diventata centrale nel dibattito, spingendo le autorità locali e nazionali a riflettere su come migliorare la preparazione e la risposta agli eventi naturali.
In attesa del processo, la memoria di Bianca, Patrizia e Cristian rimane viva nei cuori di chi li ha conosciuti e amati. La loro tragica scomparsa rappresenta un monito sulla fragilità della vita e sull’importanza di garantire sempre la massima sicurezza nelle attività ricreative.