La figura di Anna Wintour, storica direttrice di Vogue, è stata al centro di un acceso dibattito che ha attraversato il mondo della moda e del cinema. A quasi vent’anni dall’uscita di “Il Diavolo Veste Prada”, Wintour ha finalmente condiviso le sue impressioni sul film, rivelando una visione che si discosta dall’immagine caricaturale spesso attribuita a lei. Intervistata da David Remnick per il podcast Radio Hour del New Yorker, la Wintour ha descritto il film non come un attacco, ma come una “equa rappresentazione” del fashion system e di se stessa, sottolineando l’importanza di un ritratto che, pur essendo un po’ “fumettistico”, riesce a cogliere l’essenza dell’industria della moda.
la reazione di wintour al film
“Credo che l’industria della moda fosse preoccupata per me”, ha detto Wintour, ammettendo che c’era una certa ansia riguardo all’interpretazione che il film potesse dare della sua figura. “Si temeva che il film potesse ritrarmi in una luce difficile”, ha aggiunto. Tuttavia, la sua sorpresa è stata positiva: “Lo trovai molto piacevole. Molto divertente.” Questo commento rivela un lato più umano e aperto della Wintour, una figura che, per molti anni, è stata vista come l’incarnazione dell’algida eleganza.
il film e la sua influenza
Il film del 2006, diretto da David Frankel e basato sul romanzo omonimo di Lauren Weisberger, racconta la storia di Andy Sachs, interpretata da Anne Hathaway, una giovane aspirante giornalista che diventa assistente della glaciale Miranda Priestly, personaggio interpretato da Meryl Streep. La trama offre uno sguardo ironico sulle stravaganze e i drammi quotidiani dell’industria della moda, rivelando le difficoltà e le pressioni che coloro che lavorano in questo mondo affrontano.
L’interpretazione di Meryl Streep le è valsa una nomination agli Oscar, e Wintour ha definito il suo lavoro “fantastico”, un riconoscimento che sottolinea il talento dell’attrice e la sua capacità di portare in vita un personaggio complesso. Non solo, la Wintour ha rivelato che si presentò alla prima del film vestita Prada da cima a fondo, senza alcuna idea del contenuto del film stesso. Questa scelta rappresenta non solo il suo impegno verso la moda, ma anche una certa audacia nel mettersi in gioco, considerando l’attenzione e le critiche che il film avrebbe potuto suscitare.
il futuro della moda e del sequel
Un aspetto interessante emerso dall’intervista è il fatto che Wintour ha parlato del film come di un’opportunità per riflettere sul cambiamento e sull’evoluzione dell’industria della moda stessa. In un’epoca in cui la moda sta vivendo una trasformazione radicale, con sempre più richieste di sostenibilità e inclusività, il film rimane un punto di riferimento per comprendere le dinamiche interne di questo mondo.
Nel frattempo, il successo di “Il Diavolo Veste Prada” ha portato a una crescente attenzione su un sequel, la cui uscita è prevista per maggio 2026. Le riprese sono attualmente in corso a New York, con un casting che prevede circa duemila comparse. Il film vedrà il ritorno di Meryl Streep, Emily Blunt e Anne Hathaway, con l’aggiunta di nuove star come Kenneth Branagh, che interpreterà il nuovo marito di Miranda. Le location del sequel potrebbero includere Milano, Parigi e Dubai, sottolineando l’importanza delle capitali della moda nel racconto della storia.
Il sequel rappresenta un’opportunità per esplorare ulteriormente il mondo della moda e le sue complessità, portando avanti il discorso iniziato dal primo film. Con l’evoluzione della moda e il suo impatto sulla società, la narrazione di storie legate a questo settore diventa sempre più cruciale. Wintour, con la sua eredità e il suo ruolo di pioniera nel mondo della moda, rimane una figura centrale in questo contesto, e le sue riflessioni sul film e sul suo impatto sull’industria non possono che arricchire la discussione.
In un panorama in cui la moda continua a cambiare e a reinventarsi, il contributo di figure come Anna Wintour rimane fondamentale per comprendere le sfide e le opportunità che si presentano. La sua ultima intervista non solo segna un punto di svolta nella sua relazione con “Il Diavolo Veste Prada”, ma offre anche uno spunto per considerare come il cinema possa influenzare e riflettere le dinamiche di un settore complesso come quello della moda.