La storia di Shakira, la ventenne borseggiatrice di Venezia, ha recentemente catturato l’attenzione dei media e dei social, dando vita a un acceso dibattito sulla sicurezza e la giustizia nella laguna veneta. Questa giovane donna, il cui vero nome rimane sconosciuto, è diventata un simbolo controverso della criminalità nella città, tanto da meritarsi un soprannome che evoca un’immagine vivace. La sua condanna a un anno di reclusione, avvenuta tramite un patteggiamento, ha suscitato interrogativi e critiche, specialmente per il fatto che sia stata subito liberata, nonostante la sua lunga carriera criminale.
La condanna e la scarcerazione
Il tribunale, presieduto dalla giudice Michela Rizzi, ha emesso la sentenza per violazione del divieto di dimora nella città lagunare. Tuttavia, la condanna non è definitiva, permettendo a Shakira di tornare in libertà. La giovane borseggiatrice è stata sottoposta a una misura meno severa: un nuovo provvedimento di allontanamento, in base al decreto Caivano, che introduce misure più stringenti per i soggetti considerati pericolosi. Tuttavia, i cittadini di Venezia, molti dei quali hanno già avuto esperienze dirette con i suoi furti, si chiedono se questa nuova misura sarà realmente efficace.
La carriera criminale di shakira
La carriera criminale di Shakira è iniziata in giovane età. Secondo le fonti, è nata a Roma da una famiglia di origini bosniache. Sin da adolescente, ha cominciato a muoversi tra le bande specializzate in furti, accumulando un impressionante numero di procedimenti penali, che ammontano a circa sessanta. La sua notorietà è aumentata man mano che i residenti e i turisti hanno iniziato a riconoscerla per le strade di Venezia. Ecco alcuni aspetti salienti della sua carriera:
- Inizio precoce nella criminalità: Ha iniziato a rubare da giovane, unendosi a bande locali.
- Riconoscibilità: È diventata un volto noto tra i turisti e i residenti.
- Procedimenti penali: Ha accumulato circa sessanta procedimenti per furto.
Le reazioni della comunità
La questione dell’inefficienza delle misure di contenimento e della gestione della sicurezza in città è emersa con forza dopo la scarcerazione di Shakira. Molti veneti hanno espresso il loro disappunto sui social network, sottolineando come sia stata sorpresa più volte a violare divieti simili, senza conseguenze reali. L’ultimo arresto risale ai primi di agosto, quando alcuni cittadini l’hanno riconosciuta nonostante il divieto di dimora in vigore. Questo ha sollevato interrogativi sulla capacità delle autorità di far rispettare le misure preventive e sulla reale efficacia dei provvedimenti adottati.
La condanna a un anno di reclusione, sebbene possa sembrare severa, è stata considerata una riduzione rispetto alla richiesta del pubblico ministero, che aveva chiesto un anno e sei mesi di pena. Le argomentazioni della difesa hanno probabilmente influito sulla decisione finale, portando a una sensazione di ingiustizia tra i cittadini, che vedono Shakira come un simbolo della criminalità che affligge la loro città.
La vicenda di Shakira non è solo una storia di crimine e giustizia, ma anche un riflesso delle complessità sociali e delle sfide che le città moderne affrontano. Mentre la giovane borseggiatrice torna a camminare per le calli di Venezia, la città si interroga sul futuro della sua sicurezza e sulla necessità di un approccio più rigoroso e coordinato nella lotta contro la criminalità.