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Dalla biografia di Stefania Albertani alla magia di ‘Elisa’ di Di Costanzo

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Dalla biografia di Stefania Albertani alla magia di 'Elisa' di Di Costanzo
Dalla biografia di Stefania Albertani alla magia di 'Elisa' di Di Costanzo
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La storia di Stefania Albertani è un racconto profondo e complesso che affronta temi di giustizia, responsabilità e ricerca di identità. Condannata a vent’anni di carcere per l’omicidio della sorella e per tentato omicidio nei confronti dei genitori, la sua vicenda è stata narrata nel libro “Io volevo ucciderla”, scritto dai criminologi Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali, pubblicato da Raffaello Cortina Editore nel 2022. Attraverso un formato di intervista, il libro esplora la vita di Stefania, le sue motivazioni e le dinamiche che l’hanno portata a compiere un gesto così estremo.

Il legame tra libro e film

La storia di Stefania, già nota per un’intervista a “Storie Maledette” nel 2014, si intreccia ora con il film “Elisa”, diretto da Leonardo Di Costanzo e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia. La pellicola, prodotta da Tempesta in collaborazione con Rai Cinema e distribuita da 01 Distribution, trae ispirazione dal libro di Ceretti e Natali, trasformando la difficile realtà di Stefania in un’opera cinematografica che esplora i temi del rimorso, della responsabilità e della ricerca di identità.

Nel film, la protagonista, interpretata da Barbara Ronchi, ha scontato dieci anni di carcere per aver ucciso la sorella, ma afferma di non ricordare nulla di quel tragico evento. La sua vita cambia quando incontra un criminologo, interpretato da Roschdy Zem, il quale la aiuta a intraprendere un percorso di consapevolezza e comprensione di sé stessa. Questo passaggio dal non ricordo alla riflessione profonda è centrale sia nel libro che nel film.

La metodologia di ricerca

La metodologia utilizzata dai criminologi Ceretti e Natali per avvicinarsi alla figura di Stefania è stata quella delle interviste semi-strutturate, che permettono di ottenere racconti personali e dettagliati. “Noi abbiamo iniziato i colloqui prima della pandemia”, spiega Lorenzo Natali. Tuttavia, l’emergere del Covid-19 ha costretto i due criminologi a interrompere gli incontri dal vivo. “Era impossibile andare in carcere per proseguire. A un certo punto siamo riusciti a ritrovare Stefania online e da lì è iniziato un percorso particolare che noi non ci aspettavamo”, aggiunge Natali. La riflessione forzata causata dal lockdown ha permesso a Stefania di esprimere una verità che fino ad allora non aveva potuto condividere: il suo desiderio di uccidere.

Questa nuova consapevolezza ha avuto un impatto profondo non solo sulla vita di Stefania, ma anche sul lavoro dei criminologi. “Era una storia che Stefania non aveva mai potuto raccontarsi”, osserva Ceretti. Le perizie precedenti l’avevano incastrata in una narrazione che la dipingeva come dissociata, priva di memoria a causa di un problema al lobo parietale destro. La sua realizzazione interiore ha portato a un cambiamento significativo nel loro approccio di ricerca, spingendo Ceretti e Natali a riflettere su quanto sia essenziale per una persona essere proprietaria della propria storia per poter affrontare il proprio passato.

Il film e la rappresentazione del senso di colpa

Il film “Elisa” riesce a catturare questa transizione emotiva attraverso un escamotage narrativo: il conflitto tra la protagonista e il criminologo rappresenta il tentativo di Stefania di confrontarsi con il suo passato. Questo scontro è una delle differenze principali tra la realtà e la finzione, insieme alla rappresentazione del padre, che nel film ha un ruolo radicalmente diverso rispetto alla vita reale di Stefania.

Un altro aspetto interessante è il senso di colpa della protagonista. Nella narrazione cinematografica, esso si evolve da una paralisi emotiva a una responsabilità consapevole, segno di un riconoscimento del disvalore del gesto compiuto. “Il percorso che abbiamo intrapreso con Stefania è una dimostrazione ‘scientifica’ che una persona può prendere consapevolezza di sé stessa ed entrare nella dimensione della responsabilità”, afferma Ceretti. L’obiettivo finale è quello di portare Stefania verso una giustizia riparativa, un concetto al centro delle ricerche di Ceretti, che spera possa trovare un modo per confrontarsi con qualcuno che ha subito un danno, come un genitore che ha perso un figlio.

Stefania Albertani ha avuto l’opportunità di rivedere sia la sua intervista per il libro che la sceneggiatura del film, senza apportare modifiche. “Ogni passaggio è stato condiviso, perché è la sua storia di vita”, rivela Natali, sottolineando come, nonostante le differenze, il senso della storia sia rimasto intatto. La sua esperienza, ora, non è terminata. La ricerca di un dialogo con le vittime e la possibilità di un percorso di riparazione rappresentano una nuova fase per Stefania e per chi si è occupato di lei. La storia di Stefania Albertani continua a suscitare interrogativi su giustizia, responsabilità e sulla capacità di cambiamento dell’individuo.

Written by
Sara Lucchetta

Sono una giornalista appassionata di Università, ricerca e tutto ciò che ruota attorno al mondo dello studio. La mia missione su smetteredilavorare.it è quella di esplorare e raccontare le sfide e le opportunità che gli studenti e i ricercatori affrontano ogni giorno. Credo fermamente nel potere della conoscenza e nel valore dell'istruzione come strumento di cambiamento. Oltre a dedicarmi alla mia passione per l'istruzione, mi piace anche tuffarmi nel mondo dello spettacolo e del cinema. Scrivere di film e eventi culturali mi permette di esprimere la mia creatività e di esplorare le diverse sfaccettature della vita. Quando non sono impegnata a scrivere, mi trovate spesso a cercare nuovi film da vedere o a discutere di tendenze culturali con amici e colleghi. La mia curiosità mi guida in ogni racconto e spero che le mie parole possano ispirare e informare chi legge.

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