Home News Foggia: la drammatica fuga di Hayat Fatimi e l’ultimo appello al 113
News

Foggia: la drammatica fuga di Hayat Fatimi e l’ultimo appello al 113

Share
Foggia: la drammatica fuga di Hayat Fatimi e l'ultimo appello al 113
Foggia: la drammatica fuga di Hayat Fatimi e l'ultimo appello al 113
Share

La storia di Hayat Fatimi, una cuoca di 46 anni originaria del Marocco, rappresenta un drammatico esempio dei rischi che molte donne affrontano quotidianamente a causa della violenza di genere. La sua vita è stata spezzata la sera del 7 agosto, quando, dopo una lunga giornata di lavoro, ha realizzato di essere nuovamente seguita dal suo ex compagno, Tariq El Mefedel. Nonostante avesse già denunciato più volte la sua persecuzione, Hayat ha fatto un ultimo disperato tentativo di chiedere aiuto chiamando il numero d’emergenza 113. «L’ho denunciato, ma sta arrivando verso di me», ha detto nel panico, mentre il suo aguzzino le si avvicinava.

La telefonata al 113 e il dramma finale

La telefonata al 113, ora parte integrante dell’inchiesta, ha rivelato il terrore di Hayat in quei momenti drammatici. «Ho finito di lavorare, il tempo di arrivare a casa e lui sta correndo dietro di me, sta dietro di me», ha esclamato, prima che la linea si interrompesse, lasciando l’operatore del centralino inorridito. Testimoni hanno riferito di aver sentito distintamente le urla e i colpi, segno di un attacco violento che si stava consumando in quel momento. Quando la polizia è finalmente giunta in vico Cibele, nel centro storico di Foggia, Hayat era già a terra, priva di vita, in una pozza di sangue.

La persecuzione e il fallimento delle istituzioni

Il titolare del ristorante dove Hayat lavorava ha confermato che il suo ex compagno la pedinava da tempo, e che in diverse occasioni le forze dell’ordine erano intervenute per scortarla a casa dopo il turno. Nonostante le sue denunce e richieste di aiuto, il sistema non era riuscito a proteggerla. Questo terribile episodio solleva interrogativi profondi sulla capacità delle istituzioni di intervenire efficacemente nella prevenzione della violenza di genere e sulla necessità di un supporto più strutturato per le vittime.

  1. Inizio e fine della relazione: La relazione tra Hayat e Tariq era iniziata e finita in un clima di paura. Fatimi aveva deciso di interrompere il legame a causa del comportamento violento di lui, culminato in minacce di morte esplicite: «O sarai mia o ti uccido».
  2. Denunce e misure di protezione: Le prime denunce risalgono al 13 maggio, quando Hayat ha ufficialmente denunciato gli atti persecutori e le minacce ricevute. A seguito di queste segnalazioni, nel mese di giugno, il Tribunale ha emesso un divieto di dimora a Foggia nei confronti di El Mefedel, un provvedimento che avrebbe dovuto garantire la sicurezza della donna. Tuttavia, la realtà si è dimostrata ben diversa.

L’inefficacia delle leggi esistenti

Nelle settimane successive, Hayat ha continuato a vivere nella paura. Nella sua ultima telefonata, ha sottolineato come il suo ex compagno fosse comunque riuscito ad avvicinarsi, nonostante il divieto: «Mi seguiva tutti i giorni, però lui ha il divieto che non può entrare a Foggia, mi minacciava sempre». Queste parole evidenziano un paradosso tragico: le leggi esistenti non sono state sufficienti a proteggere Hayat e il suo diritto a vivere senza paura.

Il 28 luglio, la procura di Foggia ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Tariq El Mefedel, a seguito di nuove minacce nei confronti di Hayat. Tuttavia, l’uomo, senza fissa dimora, è riuscito a sfuggire all’arresto e si è dato alla fuga. La sua cattura è avvenuta solo in un secondo momento, a Roma, dove è stato rintracciato con indosso vestiti macchiati di sangue, un segno inquietante del suo gesto violento.

La morte di Hayat Fatimi non è solo una tragedia personale, ma un campanello d’allarme per la società intera. La sua storia deve spingere a una riflessione profonda sull’efficacia delle misure di protezione per le donne vittime di violenza. La questione della violenza di genere richiede un approccio multidimensionale, che non solo preveda pene più severe per gli aggressori, ma anche un sistema di supporto e protezione per le vittime che sia realmente efficace.

In Italia, il problema della violenza di genere è una questione allarmante e in crescita. Secondo i dati dell’Istat, il numero di donne che subiscono violenza fisica o psicologica è in aumento, e molte di loro non denunciano per paura di ritorsioni o perché non si sentono protette. È fondamentale che la società, le istituzioni e le forze dell’ordine collaborino per creare un ambiente in cui le donne possano sentirsi al sicuro e supportate, e in cui la violenza di genere possa finalmente essere affrontata con la serietà e la determinazione che merita.

Written by
Luca Carlini

Sono un appassionato di economia e del mondo del lavoro, con un occhio attento alle dinamiche sociali e politiche che influenzano la nostra vita quotidiana. La mia carriera giornalistica mi ha portato a esplorare vari aspetti dell'attualità, dalla cronaca alle notizie politiche, sempre con l'intento di fornire un'analisi critica e ben informata. Collaboro con smetteredilavorare.it per offrire approfondimenti utili e stimolanti su come l'economia influisce sulle nostre scelte professionali e sul nostro benessere. Credo fermamente nel potere dell'informazione e nella sua capacità di generare cambiamento, e mi impegno a raccontare storie che possano ispirare e informare i lettori. Quando non scrivo, mi piace esplorare nuovi luoghi e immergermi in culture diverse, sempre in cerca di nuove prospettive.

Smettere di Lavorare è un magazine che esplora stili di vita alternativi e indipendenza finanziaria con sezioni su News, Spettacolo & TV, Soldi & Risparmi, Ambiente, Trasferirsi all’estero e Lavorare all’estero.

Info & Comunicati

Per info e comunicati stampa inviare email a: info@smetteredilavorare.it

© 2025 proprietà Influencer Srls - Via Luca Bati 57 - Roma - P.IVA 14920521003

Questo blog non è una testata giornalistica, in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07.03.2001.