La lotta contro l’HIV-AIDS ha lasciato un segno indelebile nella storia contemporanea, ma spesso le narrazioni relative a questa crisi vengono dimenticate o trascurate. Per restituire voce a questa parte della nostra memoria collettiva, il Centro per l’arte contemporanea Pecci di Prato ospita una mostra significativa dal titolo “Vivono Arte e affetti, Hiv-Aids in Italia. 1982-1996”, curata da Michele Bertolino. L’esposizione, aperta dal 4 ottobre 2023 fino al 10 maggio 2026, offre un’opportunità unica per esplorare e comprendere le complessità e le sfide affrontate da coloro che sono stati colpiti da questa epidemia.
un archivio di storie dimenticate
La mostra si propone di “ricomporre” una storia dimenticata, quella degli italiani che hanno vissuto con l’HIV-AIDS in un periodo cruciale che va dal 1982, anno della prima segnalazione di AIDS conclamato in Italia, fino al 1996, anno dell’introduzione delle terapie antiretrovirali. Attraverso un mix di opere d’arte, poesie, paesaggi sonori e video, il percorso espositivo offre un’esperienza immersiva che invita il visitatore a riflettere sull’urgenza e sull’unicità degli eventi di quel periodo.
Il cuore della mostra è rappresentato da un archivio costruito “a più voci” con la collaborazione di Valeria Calvino, Daniele Calzavara e i Conigli Bianchi. Questo archivio raccoglie una varietà di materiali, tra cui:
- Documenti storici
- Manifesti
- Articoli di giornale
- Video
- Tracce sonore
Questi elementi delineano la dimensione storica, politica, sociale e culturale italiana di quegli anni. La scelta di presentare i materiali su grandi bacheche da lavoro dotate di ruote suggerisce l’idea di una narrazione in continua evoluzione, sottolineando il carattere non-finito di questa ricostruzione storica.
poesia e attivismo artistico
Uno degli elementi più toccanti della mostra è il film realizzato appositamente per l’occasione, in cui vengono recitate le poesie di autori come Dario Bellezza, Massimiliano Chiamenti, Nino Gennaro, Ottavio Mai, La Nina, Marco Sanna e Pier Vittorio Tondelli. Questi poeti, che hanno vissuto l’esperienza dell’HIV, hanno tradotto le loro emozioni in versi, permettendo così di esplorare le lotte di coloro che hanno affrontato la malattia. Le loro parole, lette da artiste e artisti contemporanei, conferiscono un’ulteriore profondità all’esperienza espositiva.
Un’importante sezione della mostra è dedicata ai poster di Gran Fury, un collettivo di artisti attivi durante la crisi dell’AIDS negli Stati Uniti. Questi lavori, esposti alla Biennale del 1990, vengono ripresentati in Italia per la prima volta dopo oltre trent’anni e offrono una riflessione critica sulle politiche sanitarie e sociali riguardanti l’HIV-AIDS.
Inoltre, le tende di organza blu di Felix Gonzalez-Torres, esposte nel 1991 al Castello di Rivara, si affiancano a lavori di artisti come David Wojnarowicz e Walter Robinson. Queste opere non solo abbelliscono lo spazio espositivo, ma fungono anche da simboli di speranza e resistenza, invitando il pubblico a considerare l’arte come strumento di denuncia e di cambiamento sociale.
un invito alla riflessione
La mostra dedica anche tre sale monografiche ai lavori di artisti fondamentali come Nino Gennaro, Francesco Torrini e Patrizia Vicinelli, il cui contributo è essenziale per comprendere l’arte e la cultura in relazione all’HIV-AIDS in Italia. Gennaro, in particolare, è noto per il suo approccio diretto alla malattia, mentre Torrini e Vicinelli hanno esplorato temi di identità e appartenenza attraverso le loro opere, offrendo una visione sfumata della vita con l’HIV.
L’esposizione si propone non solo di raccontare una storia, ma di stimolare un dibattito attuale e necessario. Oggi, nonostante i progressi nella medicina e nelle terapie, la stigmatizzazione e la disinformazione riguardanti l’HIV-AIDS persistono. La mostra, attraverso la sua ricca varietà di materiali e punti di vista, invita i visitatori a riflettere su questi temi e a considerare l’importanza di una memoria collettiva che non deve essere dimenticata.
In un momento in cui la società sembra spesso voltarsi dall’altra parte di fronte a questioni scomode, “Vivono Arte e affetti” si erge come un faro di consapevolezza e un richiamo all’azione, ricordando che l’arte può essere un potente mezzo di comunicazione e di cambiamento. La mostra di Prato non è solo un tributo a chi ha combattuto contro l’HIV-AIDS, ma un invito a tutti noi a continuare a lottare per una società più inclusiva e consapevole.