L’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 nella sua abitazione di Garlasco, ha scosso profondamente l’opinione pubblica italiana, dando vita a un intricato caso giudiziario che ha attraversato anni di indagini e processi. Il principale accusato, Alberto Stasi, fidanzato della vittima, ha sollevato molte domande e ha lasciato aperti diversi misteri, tra cui quelli legati a tre profili di Dna femminile rinvenuti sulla scena del crimine. Le recenti indagini condotte dalla procura di Pavia stanno riaccendendo l’interesse sul caso, suggerendo la possibilità di un complice o di un’altra persona presente nella casa al momento dell’omicidio.
I tre profili genetici senza identità
Dai documenti dell’inchiesta originale emergono tre profili genetici appartenenti a una donna, esclusi come appartenenti a Chiara Poggi. La relazione redatta nel 2007 dal Ris di Parma ha catalogato i reperti raccolti, evidenziando che il Dna di Chiara è stato contrassegnato come “vittima”, mentre altri campioni, identificati con la sigla “profili X”, sono rimasti senza una corrispondenza. Questi profili includono:
- Reperto numero 57: prelevato dalla maniglia della porta a soffietto.
- Reperto numero 59: prelevato dalla leva del miscelatore del bagno.
- Reperto numero 60: prelevato dalla maniglia della porta di ingresso.
I sopralluoghi del Ris di Parma nel 2007
I sopralluoghi iniziali sono stati condotti dai Carabinieri sotto la direzione del generale Luciano Garofalo. Durante queste operazioni, sono stati raccolti vari reperti dalla scena del crimine, tra cui quelli cruciali per la ricostruzione degli eventi. La porta a soffietto della cantina, dove Chiara è stata trovata, è stata un punto focale delle indagini. Alberto Stasi, durante la sua testimonianza, dichiarò di aver trovato la porta chiusa, necessitando di aprirla per accedere alla cantina.
In aggiunta ai reperti già menzionati, sono state rinvenute impronte digitali di Marco Poggi, il fratello di Chiara. Tuttavia, non sono state trovate tracce o impronte di Stasi sulla maniglia della porta di ingresso, un elemento che ha suscitato ulteriori interrogativi. Perché il Dna femminile trovato non ha portato a identificazioni utili?
La questione dell’identificazione del Dna
Nel 2007, le analisi del Dna femminile non hanno prodotto risultati utili per un’identificazione, probabilmente a causa del numero ridotto di marcatori analizzati. Tuttavia, il Dna femminile rinvenuto in punti cruciali della casa, come la porta a soffietto e il rubinetto del bagno, era compatibile con le donne che potevano aver frequentato la casa di Chiara prima dell’omicidio. Le analisi condotte all’epoca non hanno però approfondito sufficientemente la questione del Dna femminile, lasciando aperte molte domande.
Le nuove indagini, che si basano su informazioni riaffiorate dalle pagine della vecchia inchiesta, hanno riacceso l’interesse per il caso e hanno portato a considerare la possibilità che il delitto di Chiara Poggi non sia stato un atto isolato, ma il risultato di un contesto più complesso. L’ipotesi di una presenza femminile non identificata in casa al momento dell’omicidio è un elemento che merita attenzione e ulteriore approfondimento.
Il mistero attorno a Chiara Poggi continua a inquietare, non solo per la brutalità del delitto, ma anche per le ombre che si allungano su un caso che sembrava ormai chiuso. Le indagini attuali potrebbero aprire nuove strade nella ricerca della verità e portare a una comprensione più approfondita di quello che accadde nella villetta di Garlasco quella tragica notte d’agosto. La speranza di giustizia per Chiara e la sua famiglia rimane viva, mentre si continua a cercare di dare un volto e un nome a quelle tracce di Dna femminile rimaste nell’ombra.