Il 21 agosto 2025, Milano ha vissuto un evento inaspettato e controverso: lo sfratto del Leoncavallo, uno dei centri sociali più iconici della città, dopo 31 anni di occupazione. Le operazioni di sgombero, avviate all’alba, hanno visto un imponente dispiegamento di forze dell’ordine in assetto antisommossa, pronte a far rispettare un provvedimento che era stato rimandato numerose volte negli anni. L’area di via Watteau, situata nel quartiere Greco a nord di Milano, è stata presidiata dalle forze dell’ordine, mentre l’ufficiale giudiziario ha dato esecuzione all’ordine di sgombero.
Un provvedimento che sembrava ormai un lontano ricordo, poiché la data ufficiale per lo sfratto era fissata per il 9 settembre. Tuttavia, è stato anticipato in modo sorprendente. La struttura, di proprietà della famiglia Cabassi, era stata al centro di una lunga battaglia legale, con il Ministero dell’Interno condannato a pagare 3 milioni di euro ai proprietari per il ritardo nel rilascio dell’immobile.
le operazioni di sgombero
Le operazioni di sgombero hanno avuto inizio attorno alle 7:30, con i carabinieri che hanno bloccato le strade adiacenti, limitando l’accesso da via Lucini e via Antonio Fortunato Stella. Già dalle prime ore, attivisti e sostenitori del centro sociale hanno iniziato a radunarsi, rispondendo a un appello lanciato sui social. Molti di loro, però, hanno potuto solo osservare impotenti mentre gli operai chiudevano la struttura con lucchetti. Attraverso la pagina Facebook del Leoncavallo, gli attivisti hanno annunciato un presidio per la sera dello stesso giorno, accompagnato da un’assemblea pubblica per discutere le prossime mosse.
le reazioni politiche
Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha espresso il suo disappunto per la mancanza di comunicazione da parte delle autorità competenti. In una nota, Sala ha dichiarato di non essere stato avvisato dello sfratto, nonostante fosse presente a Palazzo Marino per incontri di lavoro. “In una situazione così delicata, ci sarebbero state molte modalità per avvertire l’Amministrazione milanese”, ha aggiunto, sottolineando il valore storico e sociale del Leoncavallo per la città.
Dall’altra parte, Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha accolto con entusiasmo l’operazione, definendola una svolta necessaria dopo decenni di illegalità tollerata. “La legge è uguale per tutti: afuera!”, ha scritto sui suoi canali social, evidenziando il cambiamento di rotta del governo nei confronti delle occupazioni abusive. Al momento, le operazioni non hanno incontrato resistenza e non sono stati segnalati problemi di ordine pubblico.
il futuro del leoncavallo
Le Mamme Antifasciste del Leoncavallo, un gruppo attivo all’interno del centro, hanno definito lo sfratto “una tragedia”. In seguito all’annuncio, hanno avviato una raccolta fondi per cercare di trovare un accordo con la proprietà e recuperare alcuni beni rimasti all’interno. Questo evento ha suscitato anche la solidarietà di varie associazioni, tra cui l’ANPI.
Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha ribadito la linea del governo, affermando che il Leoncavallo ha rappresentato per troppo tempo un esempio di illegalità. “Dall’inizio del nostro mandato, sono già stati sgomberati quasi 4.000 immobili”, ha dichiarato, sottolineando l’impegno dell’esecutivo nel ripristinare la legalità.
Mirko Mazzali, legale del Leoncavallo, ha espresso preoccupazione per il modo in cui è stata gestita la situazione. “C’era una data ufficiale per lo sfratto, il 9 settembre, e questa decisione di anticiparlo è discutibile”, ha affermato, cercando di comprendere la legittimità dell’operazione. Allo stesso tempo, Silvia Sardone, vice segretaria della Lega, ha attaccato il Comune, esprimendo la necessità di evitare di concedere spazi pubblici ai centri sociali.
Il Leoncavallo ha avuto una storia complessa, fondato nel 1975 e sgomberato per la prima volta nel 1994. Dopo quell’episodio, si è spostato nella sua attuale sede in via Watteau, diventando un punto di riferimento per concerti, iniziative politiche e attività sociali. Negli ultimi anni, il centro ha cercato di trovare una soluzione per continuare la sua attività, esplorando l’idea di trasferirsi in un altro immobile in via San Dionigi.
La situazione attuale segna un punto di svolta significativo per il Leoncavallo e per il panorama politico e sociale di Milano. Con le sue radici profonde nella cultura alternativa e nei movimenti sociali, il centro sociale ha rappresentato per decenni una voce per molte persone, creando un dibattito acceso sulla legalità, i diritti sociali e l’occupazione degli spazi pubblici. In un contesto politico sempre più polarizzato, la questione del futuro del Leoncavallo rimane aperta, mentre la città si interroga su come gestire le sue diverse anime e identità.