La tragica storia di Marah Abu Zuri, una giovane palestinese di 19 anni, ha scosso l’opinione pubblica e sollevato interrogativi sulla condizione sanitaria e umanitaria dei palestinesi, in particolare quelli della Striscia di Gaza. Marah è deceduta lo scorso 16 agosto all’ospedale di Pisa, dove era giunta il 13 agosto con un volo umanitario, insieme ad altri pazienti provenienti dalla sua terra. La situazione della giovane era già critica al momento del suo arrivo, con evidenti segni di denutrizione e malessere.
Esclusione della diagnosi di leucemia
La biopsia effettuata su materiale biologico prelevato mentre Marah era ancora in vita ha escluso la diagnosi di leucemia, contrariamente a quanto inizialmente sostenuto dai medici di Gaza. Questo dato è emerso dai risultati della biopsia midollare, che ha confermato che la giovane non soffriva di tumore del sangue. Infatti, i test già effettuati dai medici italiani poche ore dopo l’arrivo avevano escluso la leucemia promielocitica, come riportato da Repubblica. L’ipotesi di una malattia ematologica era stata formulata in una diagnosi preliminare del 9 agosto, ma i successivi esami, inclusi gli strisci di sangue periferico, avevano già smentito questa possibilità.
Condizioni di vita precarie
Marah era arrivata in Italia in condizioni disperate, pesando solo 35 chili. Secondo le testimonianze, negli ultimi cinque mesi prima della partenza aveva potuto nutrirsi solo di tè e alcuni biscotti, perdendo in totale circa 20 chili. La sua famiglia, costretta a fuggire dalle violenze e dai bombardamenti, viveva in una tenda sulla spiaggia, esponendosi a condizioni di vita estremamente precarie. La professoressa Sara Galimberti, direttrice dell’Ematologia del Santa Chiara di Pisa, aveva già chiarito prima dell’autopsia che l’ipotesi iniziale di leucemia acuta era stata scartata dai test molecolari condotti in Italia, il che aveva portato alla sospensione della terapia specifica.
Cause della morte e reazioni
La causa ufficiale della morte di Marah, secondo il referto medico, è stata identificata come cachessia, insufficienza respiratoria acuta e arresto cardiaco. La cachessia è un termine medico che descrive un deperimento fisico estremo, spesso causato da malnutrizione e condizioni di vita difficili. Questo dato è particolarmente significativo, poiché evidenzia le gravi conseguenze che possono derivare da un accesso limitato alle cure mediche e a risorse alimentari adeguate.
Dopo la morte di Marah, il Cogat, l’ente israeliano per il coordinamento delle questioni civili nella Striscia, ha affermato che la giovane era morta di leucemia, una dichiarazione che ha suscitato indignazione e proteste. Il contrasto tra le affermazioni israeliane e i risultati ottenuti in Italia ha riacceso il dibattito su come vengono gestite le emergenze sanitarie e umanitarie nella regione.
Il 20 agosto, si è svolta a San Giuliano Terme, vicino Pisa, una cerimonia commemorativa in onore di Marah. Il feretro della giovane era coperto da una bandiera palestinese e adornato con rose bianche, un gesto simbolico che ha riunito oltre 400 persone, tra familiari, amici e membri delle comunità locali. Durante l’evento, molti partecipanti hanno espresso il loro desiderio di porre fine alle violenze nella Striscia di Gaza e di rispettare i diritti umani dei civili coinvolti nel conflitto.
Le parole della madre di Marah, Nabilia, hanno toccato profondamente i presenti. “Mia figlia e la sua morte rappresentano il simbolo delle sofferenze della Palestina e di tutti i palestinesi”, ha dichiarato. “Ho lasciato la Palestina per poterla curare, ma purtroppo lei ha salutato questa vita terrena. Ora riposerà qui, ma io voglio tornare nella mia terra”. Questo grido di dolore evidenzia non solo la tragedia personale di una madre che ha perso la figlia in circostanze così drammatiche, ma anche le difficoltà di una popolazione intera che lotta per la sopravvivenza in un contesto di conflitto e instabilità.
Durante la commemorazione, il sindaco di San Giuliano Terme, Matteo Cecchelli, ha definito la morte di Marah come “conseguenza di un genocidio” e ha esortato la comunità internazionale a non rimanere in silenzio di fronte a tali atrocità. L’imam di Firenze, Izzedin Elzir, ha aggiunto la sua voce alla richiesta di giustizia, chiedendo la fine dell’occupazione e sottolineando la responsabilità dei governi occidentali nel fornire armi a Israele.
La storia di Marah Abu Zuri rappresenta un triste capitolo nella lunga e complessa vicenda del conflitto israelo-palestinese. La sua morte e le circostanze che l’hanno circondata pongono interrogativi inquietanti sulla salute e il benessere dei palestinesi, specialmente quelli che vivono in condizioni di guerra e privazione.