L’Italia, con i suoi ottomila chilometri di coste, è spesso considerata un paradiso per gli amanti del mare. Tuttavia, la realtà delle spiagge libere nel nostro paese sta diventando sempre più allarmante. Secondo l’ultimo censimento dell’Ispra (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale), pubblicato recentemente su La Repubblica, le spiagge sabbiose disponibili ammontano a soli 120 chilometri quadrati, una superficie addirittura inferiore a quella di Ostia. Questo dato evidenzia un fenomeno preoccupante: la maggior parte delle spiagge italiane è ormai in concessione privata, rendendo l’accesso al mare un lusso per pochi.
La situazione delle spiagge italiane
Solo il 41% della costa nazionale è sabbiosa, e gran parte di questi tratti è gestita da stabilimenti balneari privati che praticano tariffe elevate. La scarsità di spiagge pubbliche e i prezzi alle stelle per l’affitto di lettini e ombrelloni rendono la vacanza al mare sempre meno accessibile per le famiglie italiane. In effetti, l’analisi di Legambiente sul Report Spiagge 2024 mette in evidenza che in alcune regioni, come Liguria, Emilia-Romagna e Campania, le spiagge private possono arrivare a coprire fino al 70% del litorale. Una start-up, Coste360, stima addirittura che la percentuale di spiagge privatizzate possa raggiungere l’81%.
Concessioni e dati contrastanti
Il dibattito sulle concessioni balneari è acceso e complesso. Mentre la mappatura ufficiale del governo segnala che solo il 33% delle coste è in concessione, Legambiente fa notare che questi dati non considerano le sole aree balneabili. In altre parole, il governo potrebbe sottovalutare la reale disponibilità di spiagge libere. Questo è un problema che riguarda non solo i vacanzieri, ma anche l’industria turistica nel suo complesso.
A livello europeo, l’Italia si distingue negativamente. Solo l’Ungheria ha una situazione peggiore, con il 100% delle spiagge lacustri privatizzate. Al contrario, paesi come Grecia, Croazia e Portogallo vantano percentuali di spiagge libere molto più alte, rispettivamente del 15% e del 5%, mentre Francia e Spagna si attestano intorno al 2%. Questo confronto evidenzia una gestione del patrimonio costiero italiano che suscita preoccupazioni.
Effetti del cambiamento climatico
Oltre alla scarsità di spiagge, la questione climatica aggiunge un ulteriore strato di complessità al panorama balneare italiano. Stefano Ciafani, ingegnere ambientale e presidente di Legambiente, sottolinea come l’aumento delle temperature stia influenzando negativamente il turismo balneare. Le estati sempre più calde rendono difficile trascorrere intere giornate in spiaggia, costringendo molti a rifugiarsi in stanze climatizzate. Le previsioni per il futuro non sono rassicuranti: secondo il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, un aumento della temperatura di soli 2 gradi potrebbe ridurre il turismo del 6,6% e gli arrivi internazionali del 15%, causando perdite economiche stimate in 17 miliardi di euro all’anno.
Ciafani avverte che la combinazione di mareggiate e innalzamento del livello del mare potrebbe portare, nei prossimi decenni, a una drammatica riduzione delle spiagge disponibili. Questo non solo rappresenterebbe una perdita per il turismo, ma anche un colpo durissimo per le economie locali che dipendono dal settore.
La crisi giuridica e le prospettive per il settore
La situazione è ulteriormente complicata dalle incertezze legali riguardanti le concessioni. Gli imprenditori balneari si trovano spesso nel limbo, senza una direzione chiara da parte del governo. Questo lascia il settore vulnerabile a scelte politiche che possono influenzare drasticamente la loro attività. Ciafani lamenta che gli imprenditori sono stati “abbandonati”, e senza una strategia concreta, le conseguenze ricadono pesantemente su di loro.
Le spiagge pubbliche, dal canto loro, non sono esenti da problemi. Spesso si trovano in tratti meno appetibili della costa e possono essere inquinate. Un recente monitoraggio di Goletta Verde ha rivelato che 220 chilometri di spiagge italiane sono situate vicino alle foci dei fiumi, delle quali più della metà risultano contaminate. Questo scenario riflette una gestione non ottimale delle risorse costiere e pone interrogativi sulla loro salvaguardia.
La combinazione di privatizzazione crescente, cambiamenti climatici e incertezze legali porta a una prospettiva preoccupante per il futuro delle spiagge italiane. Con un aumento della popolazione e una domanda di accesso al mare che continua a crescere, la situazione potrebbe diventare insostenibile. In un paese dove la bellezza naturale è uno dei principali attrattori turistici, la necessità di una riforma e di una gestione sostenibile delle coste è più urgente che mai. La sfida sarà trovare un equilibrio tra esigenze economiche, tutela ambientale e diritto all’accesso al mare per tutti.