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La rabbia di un padre: Federico Aldrovandi e la giustizia che non arriva

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La rabbia di un padre: Federico Aldrovandi e la giustizia che non arriva
La rabbia di un padre: Federico Aldrovandi e la giustizia che non arriva
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Il 25 settembre 2005 segna un drammatico capitolo nella storia di Lino Aldrovandi, un padre che ha visto la propria vita stravolta dalla tragica morte del figlio Federico, un giovane di appena 18 anni. Quella notte, nella provincia di Ferrara, Federico fu fermato da quattro agenti di polizia, dando inizio a un episodio di violenza inaudita. Il giovane, immobilizzato a terra e ammanettato, subì un soffocamento che lasciò sul suo corpo 54 lesioni evidenti, tra cui la distruzione dello scroto. La versione ufficiale cercò di minimizzare l’accaduto, sostenendo che il ragazzo avesse avuto un malore e che le lesioni fossero auto-inflitte a causa dell’uso di sostanze stupefacenti.

La rabbia del padre

Lino Aldrovandi, ex ispettore di polizia municipale, non riesce a trattenere la rabbia quando ricorda quegli eventi. «Avevano detto che si era sentito male, ma non c’è stata giustizia», afferma, evidenziando la contraddizione tra la versione fornita dalle autorità e la verità dei fatti. Oggi, dopo anni, tutti e quattro gli agenti sono stati reintegrati in servizio, ma in ruoli amministrativi. «Sembra che possano continuare la loro vita come se nulla fosse successo», aggiunge, con incredulità e amarezza.

I ricordi di Federico

Quando Lino parla degli ultimi momenti trascorsi con Federico, i ricordi tornano vividi. Rivive la scena del giovane che indossa le cuffie, pronto per una passeggiata con il cane, o mentre si prepara a una partita di calcetto con gli amici. «Era una domenica mattina: ho visto il suo letto intatto e ho iniziato a preoccuparmi. Quando fa tardi, avverte sempre mia moglie. Ma quel giorno, nessuna notizia», racconta Lino, il cui volto esprime il dolore di un padre che ha perso il proprio figlio in circostanze così tragiche.

La mattina seguente, un amico poliziotto della Digos si presentò a casa sua. Il semplice gesto di scuotere la testa fu sufficiente per far comprendere a Lino che la vita non sarebbe mai stata più la stessa. «È stato un colpo devastante, come se un treno mi avesse investito», ricorda. Da quel momento, la famiglia Aldrovandi ha intrapreso una battaglia per la verità e la giustizia, sentendosi spesso sola in questo percorso. Hanno aperto un blog per raccontare la storia di Federico e sensibilizzare l’opinione pubblica, ma il cammino si è rivelato lungo e tortuoso.

La giustizia negata

Le indagini portarono a una condanna dei quattro poliziotti, che ricevettero una pena di tre anni e sei mesi per omicidio colposo con eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi. Tuttavia, dopo aver scontato solo sei mesi della pena, beneficiando di un indulto, la frustrazione di Lino aumentò. «Il procuratore generale della Cassazione li definì “schegge impazzite in preda al delirio”. Quando ho sentito quella frase, ho pensato che avrebbero ricevuto una condanna severa, magari l’ergastolo. Ma invece, hanno riavuto la divisa», afferma Lino, incredulo di fronte a quella che percepisce come una beffa.

Il dolore e la perdita hanno avuto ripercussioni anche sulla vita personale di Lino. Con il passare degli anni, la sua relazione con la moglie Patrizia è andata in frantumi. «La tragedia che abbiamo vissuto ha scavato una voragine tra noi. Il dolore si è trasformato in una lotta continua, un dolore contro dolore che ha finito per allontanarci», ammette. Oggi, Lino vive in una solitudine che pesa come un macigno, consapevole che il loro amore non è riuscito a resistere all’impatto devastante della perdita di Federico.

A distanza di quasi vent’anni da quella notte tragica, Lino Aldrovandi continua a lottare per fare luce su una questione che coinvolge non solo la sua famiglia, ma anche la società nel suo complesso. «Le nuove leggi sulle manifestazioni sembrano dare mano libera alla polizia. Se dovesse accadere qualcosa di simile oggi, temo che la situazione sarebbe ancora più complicata», avverte. In un contesto in cui la giustizia sembra spesso inaccessibile e i costi legali possono diventare insormontabili per molti, il desiderio di Lino di vedere riconosciuti i diritti e la dignità di tutti i cittadini rimane forte e presente.

La storia di Federico Aldrovandi non è solo la storia di un giovane la cui vita è stata spezzata prematuramente, ma anche un simbolo della lotta contro l’impunità e per la giustizia in un sistema che, troppo spesso, sembra dimenticare la verità. La voce di Lino Aldrovandi continua a risuonare, richiamando l’attenzione su questioni fondamentali riguardanti il rispetto dei diritti umani e la responsabilità delle forze dell’ordine.

Written by
Luca Carlini

Sono un appassionato di economia e del mondo del lavoro, con un occhio attento alle dinamiche sociali e politiche che influenzano la nostra vita quotidiana. La mia carriera giornalistica mi ha portato a esplorare vari aspetti dell'attualità, dalla cronaca alle notizie politiche, sempre con l'intento di fornire un'analisi critica e ben informata. Collaboro con smetteredilavorare.it per offrire approfondimenti utili e stimolanti su come l'economia influisce sulle nostre scelte professionali e sul nostro benessere. Credo fermamente nel potere dell'informazione e nella sua capacità di generare cambiamento, e mi impegno a raccontare storie che possano ispirare e informare i lettori. Quando non scrivo, mi piace esplorare nuovi luoghi e immergermi in culture diverse, sempre in cerca di nuove prospettive.

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