Rupert Everett è un attore e regista britannico che ha saputo conquistare il pubblico internazionale grazie a interpretazioni memorabili in film iconici come “Another Country” e “Ballando con uno sconosciuto”. Con una carriera che si estende per oltre tre decenni, Everett ha accumulato esperienze significative nel mondo del cinema, del teatro e della televisione. La sua connessione con l’Italia è particolare: nel corso della sua carriera, ha lavorato con registi del calibro di Francesco Rosi e Giuliano Montaldo, che hanno contribuito a rendere la sua figura un simbolo del cinema italiano degli anni ’80. Recentemente, Everett ha partecipato al festival di Locarno, dove ha interpretato il ruolo di Caifa nel film “Il Vangelo di Giuda”, diretto da Giulio Base.
La carriera e le delusioni professionali di Rupert Everett
In un’intervista con l’ANSA, Everett ha parlato delle sue origini e delle sue passioni artistiche. “Volevo essere Julie Andrews“, ha dichiarato, rivelando che “Mary Poppins” è stato il film che ha segnato la sua infanzia e la sua voglia di diventare un artista. Tuttavia, nonostante il suo amore per il mondo dello spettacolo, Everett ha recentemente affrontato una delusione professionale. Infatti, l’attore ha rivelato di essere stato escluso dalla serie “Emily in Paris”, dove interpretava il direttore di uno studio di interior design, Giorgio Barbieri.
La sua esperienza sul set è stata breve ma intensa. “Ho girato una scena nell’ultima stagione e mi hanno detto: ‘Ci sentiamo l’anno prossimo’”, ha spiegato. “Ho aspettato che mi chiamassero, ma alla fine la telefonata non è mai arrivata e mi hanno semplicemente licenziato. Per me è stata una tragedia. Sono stato a letto per due settimane perché non riuscivo a superarlo”. Le dinamiche dello show business sono spesso complesse e, come ha sottolineato Everett, è difficile comprendere perché un personaggio venga rimosso da una produzione.
L’impatto della sua omosessualità sulla carriera
Rupert Everett ha vissuto momenti significativi anche nella sua vita personale, come la sua dichiarazione pubblica riguardo alla sua omosessualità nei primi anni ’90. Questo passo ha avuto un impatto profondo sulla sua carriera, portando con sé sia clamore che pregiudizio. “Essere apertamente gay in un ambiente ipocrita come era negli anni ’90 mi ha tagliato fuori da molti lavori”, ha confessato. “Vivevo a Parigi e stavo scrivendo un romanzo, ‘Hello, Darling, Are You Working?’, e non volevo nascondermi. Volevo vivere essendo me stesso”. La sua determinazione a rimanere autentico ha influenzato profondamente il suo percorso artistico.
La passione per il lavoro e l’Italia
Un’altra caratteristica distintiva di Everett è la sua incessante voglia di lavorare. “Mi definisco un bulimico di lavoro”, ha affermato. “Da giovane non ero così, ero ozioso. Il mio consiglio è che un attore giovane deve lavorare sempre, la carriera è un up and down e tu devi sempre fare sforzi per esserci”. Oggi, dopo aver accumulato esperienze e conoscenze nel settore, Everett sembra più motivato che mai a continuare il suo percorso artistico.
L’Italia ha un posto speciale nel cuore di Everett. La sua carriera è stata segnata da film che hanno avuto un grande impatto sul pubblico italiano, come “Gli occhiali d’oro” di Giuliano Montaldo e “Cronaca di una morte annunciata” di Francesco Rosi. Everett ha imparato a parlare italiano e si è detto “onorato” di aver ispirato Tiziano Sclavi per il personaggio di Dylan Dog, che ha poi interpretato nel film cult “Dellamorte Dellamore” di Michele Soavi.
Progetti futuri e l’ammirazione per Oscar Wilde
Quando si tratta di scegliere nuovi progetti, Everett ha una chiara preferenza per le storie con ambientazioni storiche. “Da sempre mi faccio guidare dal fatto che abbia una ambientazione storica, io vado pazzo per questo”, ha detto. La sua passione per la storia si riflette anche nei suoi ruoli precedenti, come l’apprezzato Sherlock Holmes. “La cosa che mi piace di più, che sia teatro o cinema o televisione, è scoprire la verità storica di un personaggio, il contesto, l’epoca”.
Infine, non si può parlare di Rupert Everett senza menzionare il suo legame profondo con Oscar Wilde. Per Everett, Wilde è una figura quasi cristologica, un modello di culto, e ha dedicato molto della sua vita artistica a esplorare la sua storia. Nel 2018, ha scritto, diretto e interpretato “The Happy Prince – L’ultimo ritratto di Oscar Wilde”, un film che narra gli ultimi anni di vita del celebre scrittore in esilio a Parigi. “Il mio sogno, cui lavoro sempre, è di fare ancora un nuovo film su di lui”, ha concluso Everett, rivelando così la sua continua ammirazione per una delle figure più iconiche della letteratura britannica.