Abdellatif Kechiche torna sul grande schermo con “Mektoub, My Love: Canto Due”, presentato in Concorso internazionale al Locarno Film Festival. Questo film segna la conclusione di una trilogia che ha preso avvio nel 2017 con “Canto Uno” al Festival di Venezia, seguito nel 2019 da “Intermezzo”, che ha gareggiato a Cannes. La trilogia ha attirato l’attenzione non solo per il suo contenuto, ma anche per le polemiche che hanno circondato il regista nel corso degli anni, rendendo la sua carriera un argomento di discussione acceso.
Kechiche, noto per il suo approccio audace e sincero alla narrazione, ha fatto scalpore con “La vita di Adèle”, che ha vinto la Palma d’Oro nel 2013. Tuttavia, il suo cammino non è stato privo di controversie. Negli ultimi anni, il regista è stato al centro di varie accuse, tra cui quelle riguardanti le condizioni di lavoro sui set e il trattamento delle attrici. Le critiche si sono intensificate, evidenziando questioni di sessismo e di rappresentazione delle donne nel suo cinema. Nel 2018, è stato anche accusato di violenza sessuale nei confronti di un’attrice, ma l’indagine è stata chiusa per “insufficienza di prove”, lasciando molte domande irrisolte e una scia di polemiche.
Queste difficoltà hanno ritardato l’uscita di “Canto Due”, che ha visto la luce solo dopo anni di lavoro e di incertezze legate all’insolvenza della casa di produzione di Kechiche. Il film è stato completato nel 2020, ma la sua presentazione è avvenuta solo ora, al Locarno Film Festival, dove ha suscitato un certo interesse tra il pubblico e la critica. Giona A. Nazzaro, direttore artistico del festival, ha espresso la sua soddisfazione per aver convinto Kechiche a presentare il suo lavoro, nonostante l’assenza del regista e le polemiche che lo circondano.
la trama di canto due
Nel nuovo capitolo della saga, i protagonisti Amin (Shain Boumedine), Ophelie (Ophelie Bau) e Tony (Salim Kechiouche) si trovano in una fase di transizione nelle loro vite. Amin, ormai venticinquenne, è tornato a Sète, nel sud della Francia, dopo aver abbandonato gli studi di cinema a Parigi. La storia si snoda attorno alle scelte fatte dai personaggi:
- Ophelie è rimasta incinta di Tony, ma ha deciso di abortire, poiché è promessa sposa di Clément.
- Tony, da parte sua, continua a essere il classico donnaiolo, poco incline a prendersi le sue responsabilità.
La trama si complica ulteriormente quando Amin incontra Jack (Andre Jacobs), un produttore americano in vacanza con la moglie Jess (Jessica Pennington), un’attrice di fama. La scena in cui Amin e la sua famiglia si sforzano di accogliere i due ospiti in un ristorante chiuso è una delle più divertenti del film, ricca di stereotipi e battute sarcastiche che hanno strappato risate al pubblico durante la première. Jack, colpito dalla sceneggiatura di Amin, intitolata “I princìpi essenziali dell’esistenza universale”, decide di coinvolgere Jess nel progetto, ma le dinamiche tra i personaggi si complicano quando emergono tensioni legate alla fedeltà di Jess.
riflessioni sulla società contemporanea
Questa trama intricata non si limita a riflettere la vita e le esperienze di Amin, ma funge anche da specchio per le tensioni più ampie della società contemporanea. La citazione di Fernando Pessoa che apre il film – “Passa, uccello, passa e insegnami a passare!” – risuona con forza, suggerendo un desiderio di libertà e di fuga che attraversa l’intera opera di Kechiche. La sua narrazione si tinge di realtà, mescolando finzione e vita reale, creando un’esperienza cinematografica che invita il pubblico a riflettere su questioni esistenziali e relazionali.
Questo nuovo capitolo di “Mektoub, My Love” non è solo una continuazione della storia di Amin, ma un’esplorazione profonda dei legami umani, delle aspirazioni e dei fallimenti. La capacità di Kechiche di catturare l’essenza delle relazioni, con tutte le loro complessità e contraddizioni, è evidente in ogni scena. La sua visione del mondo, pur essendo controversa, è innegabilmente potente e provoca una riflessione sul ruolo del cinema come specchio della società.
Con “Canto Due”, Kechiche si propone di chiudere un cerchio narrativo, ma non senza lasciare il pubblico con domande aperte e una certa inquietudine. La sua capacità di affrontare temi delicati e di far emergere emozioni autentiche continua a colpire, rendendo le sue opere una parte fondamentale del panorama cinematografico contemporaneo. La proiezione a Locarno rappresenta quindi non solo un momento di celebrazione del cinema, ma anche una riflessione sulle sfide e sulle responsabilità che accompagnano la creazione artistica.