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Inchiesta della Procura di Genova su armi a bordo della nave saudita Bahri Yanbu dopo l’esposto di Usb

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Inchiesta della Procura di Genova su armi a bordo della nave saudita Bahri Yanbu dopo l'esposto di Usb
Inchiesta della Procura di Genova su armi a bordo della nave saudita Bahri Yanbu dopo l'esposto di Usb
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La recente scoperta di mezzi anfibi militari e munizioni a bordo della nave cargo saudita Bahri Yanbu ha sollevato un acceso dibattito pubblico e ha portato la Procura di Genova ad avviare un’inchiesta. Questo intervento è stato stimolato da un esposto presentato dall’Unione Sindacale di Base (Usb), che ha messo in luce possibili violazioni della legge 185 del 1990, la quale regola l’esportazione e il transito di armamenti dal territorio italiano. Il fascicolo è attualmente sotto la supervisione del procuratore aggiunto Federico Manotti, che ha delegato le indagini alla Digos e alla Capitaneria di Porto. Sebbene l’inchiesta sia ancora in fase preliminare e non ci siano indagati né ipotesi di reato formali, il caso ha già generato un’ondata di proteste tra i lavoratori e l’opinione pubblica.

La scoperta dei mezzi militari

La scoperta dei mezzi militari è avvenuta il 7 agosto, quando alcuni lavoratori portuali, durante un’ispezione interna presso il terminal Gmt di Genova, hanno trovato nella stiva della Bahri Yanbu:

  1. Mezzi anfibi americani
  2. Container contrassegnati con il codice 1-E1.1, indicante materiale esplosivo, presumibilmente proiettili da cannone

Questo rinvenimento ha immediatamente alzato la tensione tra i lavoratori, portandoli a bloccare le operazioni di imbarco e a organizzare un presidio davanti ai cancelli del terminal. La Cgil-Filt ha confermato ufficialmente lo stop all’imbarco del materiale, esprimendo preoccupazione per la destinazione finale di quel carico, temendo che potesse essere utilizzato in aree di conflitto, in particolare nella Striscia di Gaza.

Reazioni e richieste di maggiore trasparenza

Nonostante le rassicurazioni delle autorità locali, che hanno affermato che il carico è conforme alle normative vigenti e non è diretto verso Israele, i sindacati e il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (Calp) hanno richiesto maggiore chiarezza. Durante un incontro con l’Autorità Portuale e la Prefettura, è stata proposta l’istituzione di un osservatorio permanente sui traffici bellici nei porti italiani. In una nota della Cgil si legge: «La scarsa trasparenza e le informazioni parziali fornite ai lavoratori ci costringono a dichiarare il blocco dell’imbarco del materiale bellico sulla Bahri Yanbu». La mobilitazione dei lavoratori prosegue, con nuovi presidi già annunciati per i prossimi giorni.

Un fenomeno preoccupante

Il caso della Bahri Yanbu non è isolato, ma si inserisce in un contesto più ampio di crescente attenzione riguardo al traffico di armi attraverso i porti italiani. Solo pochi giorni prima, un altro episodio controverso ha coinvolto la nave Cosco Pisces, che trasportava armamenti destinati a Israele e ha evitato l’attracco a Genova dopo forti proteste sindacali. Secondo i dati forniti dall’Autorità di sistema portuale, nei primi sei mesi del 2025 i porti di Genova e Savona-Vado hanno movimentato circa 17.000 container Teu in scambio con Israele, con una quota di export pari al 75%, segnando un aumento del 13,4% rispetto allo stesso periodo del 2024.

Questi eventi hanno spinto sindacati e attivisti a richiedere un rafforzamento dei controlli e delle normative sui carichi militari. La questione del traffico di armi è diventata sempre più rilevante in un contesto geopolitico teso, dove il conflitto in Medio Oriente continua a suscitare preoccupazione globale. La società civile, insieme ai sindacati, sta spingendo per una maggiore trasparenza e responsabilità da parte delle istituzioni, chiedendo che i porti non diventino un canale per il traffico di armamenti destinati a conflitti.

In questo clima di crescente tensione, le autorità portuali e le istituzioni locali sono chiamate a rispondere alle preoccupazioni di lavoratori e cittadini, garantendo che il traffico di armi avvenga nel rispetto delle leggi internazionali e nazionali. La situazione della Bahri Yanbu rappresenta quindi un campanello d’allarme per un fenomeno che richiede un’attenta vigilanza e una regolamentazione più rigorosa. Mentre le indagini proseguono, l’attenzione sul tema del commercio di armi e delle sue implicazioni rimane alta.

Written by
Luca Carlini

Sono un appassionato di economia e del mondo del lavoro, con un occhio attento alle dinamiche sociali e politiche che influenzano la nostra vita quotidiana. La mia carriera giornalistica mi ha portato a esplorare vari aspetti dell'attualità, dalla cronaca alle notizie politiche, sempre con l'intento di fornire un'analisi critica e ben informata. Collaboro con smetteredilavorare.it per offrire approfondimenti utili e stimolanti su come l'economia influisce sulle nostre scelte professionali e sul nostro benessere. Credo fermamente nel potere dell'informazione e nella sua capacità di generare cambiamento, e mi impegno a raccontare storie che possano ispirare e informare i lettori. Quando non scrivo, mi piace esplorare nuovi luoghi e immergermi in culture diverse, sempre in cerca di nuove prospettive.

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