La bellezza e la poesia della realtà sono temi cari a Gianluca Matarrese, che torna al Festival di Venezia con il suo nuovo film “Il quieto vivere”. Questa è la quarta volta che il regista calabrese partecipa a questo prestigioso festival, e ogni volta riesce a catturare l’attenzione del pubblico con storie che affondano le radici nel suo vissuto personale. Quest’anno, Matarrese presenta un’opera unica, un vero e proprio viaggio emotivo che esplora le dinamiche familiari attraverso una faida che si consuma in un piccolo borgo della Calabria.
Un cast familiare per un racconto autentico
“Il quieto vivere” è un racconto intriso di realismo, un’opera che non utilizza attori professionisti, ma piuttosto i membri della sua stessa famiglia. Tra i protagonisti si possono riconoscere le sue cugine Maria Luisa Magno, un’autentica rivelazione, e Imma Capalbo, anch’essa parte della famiglia, che portano sullo schermo il peso delle loro esperienze personali. Al loro fianco ci sono sua madre, Carmela Magno, e le zie Concetta e Filomena, insieme ai cugini Sergio Turano e Giorgio Pucci, creando così un vero e proprio “Carnage” familiare, dove ogni conflitto è amplificato dalle relazioni di sangue.
La trama e i personaggi
La trama si sviluppa attorno a due figure femminili contrapposte:
- Luisa: una cinquantenne che ha sempre vissuto in conflitto con il mondo circostante.
- Imma: la cognata, che rappresenta un modello più tradizionale e conservatore.
Luisa, con i suoi tacchi alti e il desiderio di emergere anche sui social, si destreggia tra lavori precari e la cura dei suoi figli e della nipotina. Imma, al contrario, vive in un piano sottostante, diventando così la sua antagonista esistenziale e condominiale. Questa dicotomia tra modernità e tradizione, tra aspirazioni personali e vincoli familiari, è centrale nel film e riflette la complessità delle relazioni umane.
Un Natale di conflitti e riconciliazioni
Il film è ambientato durante le festività natalizie, un periodo che, come spesso accade, diventa un vero e proprio campo di battaglia per le famiglie. Mentre i pranzi si susseguono, carichi di fritture e tensioni, le due donne si affrontano in una serie di conflitti che spaziano da insulti a denunce e sospetti. In questo contesto, le tre adorabili zie anziane cercano di riportare un po’ di calma con la loro saggezza popolare, tentando di ricucire i rapporti tra i membri della famiglia. Tuttavia, la loro influenza sembra ridotta di fronte alla forza dei rancori accumulati nel tempo.
Matarrese utilizza un linguaggio cinematografico che combina documentario, finzione e teatro, creando un universo chiuso e iper-reale. Ogni lite diventa una performance, ogni pranzo un campo di battaglia. L’approccio ironico e, allo stesso tempo, crudo del regista permette di esplorare l’anticamera del crimine, quel delicato momento in cui le tensioni familiari potrebbero sfociare in qualcosa di più serio. Matarrese racconta: “Attraverso questa narrazione, spero di mettere in luce il momento sospeso in cui la tragedia può ancora essere evitata, forse grazie al cinema stesso”.
Una produzione originale e una visione personale
La sceneggiatura di “Il quieto vivere” è stata scritta in collaborazione con Nico Morabito, e il film è il risultato di una co-produzione tra Faber Produzioni, Stemal Entertainment e Rai Cinema/Elefant Films, con la partecipazione di RSI. La produzione è stata curata da Donatella Palermo e Alex Iordachescu, che hanno messo a disposizione risorse e competenze per dare vita a questo progetto originale.
Il festival di Venezia è una piattaforma ideale per opere come quella di Matarrese, che si distaccano dai canoni tradizionali del cinema commerciale per abbracciare storie più intime e personali. In un’epoca in cui il cinema tende a rifugiarsi in mondi fantastici o in narrazioni altamente elaborate, “Il quieto vivere” si distingue per la sua autenticità e il suo coraggio nel raccontare la verità. Matarrese invita il pubblico a riflettere sulla propria famiglia, sulle proprie faide e sulle dinamiche che le governano. Attraverso il suo lavoro, ci ricorda che, nonostante le tensioni, la famiglia rimane un legame fondamentale e che anche nei momenti più difficili può esserci spazio per la comprensione e l’amore.
La bellezza della realtà di Matarrese si manifesta quindi non solo nella narrazione, ma anche nel modo in cui riesce a catturare le emozioni, le risate e le lacrime di una famiglia che, come tante altre, vive tra alti e bassi, in una continua ricerca di equilibrio.