A tre mesi dal Liberation Day, il presidente americano Donald Trump ha nuovamente colpito i mercati con un ordine esecutivo che prevede una serie di dazi compresi tra il 15% e il 50% per oltre 90 Paesi. Questa misura, che conferma in parte l’accordo già raggiunto con l’Unione Europea, colpisce in particolare Canada, Brasile e Svizzera. Le nazioni non menzionate nel provvedimento subiranno una tariffa base del 10%, che include anche la Russia.
Questa decisione non è solo una mossa commerciale, ma comporta anche il rischio di un aumento dei costi per le aziende e dei prezzi per i consumatori, con potenziali effetti destabilizzanti sull’economia globale. Nonostante il Fondo Monetario Internazionale (FMI) abbia mostrato un atteggiamento meno pessimista rispetto a tre mesi fa, la reazione dei mercati è stata immediatamente negativa. Wall Street ha aperto in rosso, mentre le borse europee hanno visto un crollo di 269 miliardi di euro, di cui 22 miliardi solo a Milano, con l’indice Ftse Mib che ha registrato un calo del 2,55%. Anche i mercati asiatici hanno chiuso in calo, preoccupati per le conseguenze economiche dei nuovi dazi e per i deludenti dati macroeconomici americani.
Le nuove tariffe e il loro impatto
Le nuove tariffe entreranno in vigore il 7 agosto, invece del primo agosto come inizialmente previsto, per dare tempo alle dogane americane di organizzare la riscossione. Le tariffe sulle merci spedite via mare non verranno modificate prima del 5 ottobre 2025. Tre mesi fa, Trump aveva promesso di raggiungere 90 accordi in 90 giorni, ma finora sono stati conclusi solo otto accordi, fra cui quelli con l’Unione Europea, il Regno Unito, il Vietnam, l’Indonesia, le Filippine, la Corea del Sud, il Giappone e il Pakistan.
Per ora, il settore automobilistico e le componenti ad esso collegate, attualmente soggetti a tariffe del 27,5%, rimangono esclusi dall’ordine esecutivo di Trump. Maros Sefcovic, commissario europeo al commercio, ha descritto il provvedimento come “un primo passo”, evidenziando che i nuovi dazi americani rappresentano un risultato iniziale dell’accordo Ue-Usa, in particolare il tetto massimo del 15% sui dazi complessivi.
Paesi colpiti dai dazi
Tra i Paesi colpiti, il Regno Unito risulta il meno penalizzato, con dazi al 10%. Tariffe al 15% sono previste anche per Giappone e Corea del Sud. Tuttavia, il Brasile è il Paese più colpito, con dazi al 50%, una ritorsione dovuta al suo processo contro l’ex presidente Bolsonaro, amico di Trump e attualmente sotto inchiesta per tentato golpe. La Svizzera, invece, affronta tariffe al 39%, considerate da alcuni analisti come una punizione per le banche elvetiche e un avvertimento per le case farmaceutiche riguardo ai prezzi dei medicinali negli Stati Uniti. Anche il Canada è soggetto a una stangata con tariffe al 35%, accusato di scarso impegno nella lotta contro il fentanyl e di voler riconoscere la Palestina.
Per il Messico, Trump ha concesso un’eccezione di 90 giorni per negoziare un accordo più ampio, mantenendo nel frattempo in vigore dazi al 25%. La Cina ha una scadenza separata fissata per il 12 agosto, ma si prevede un’estensione della tregua attualmente in corso. Tariffe elevate sono previste anche per il Sudafrica (30%), accusato di persecuzione degli agricoltori bianchi, e per l’India (25%). Le tariffe diminuiscono per Taiwan (20%) e per Cambogia e Thailandia (19%).
In un contesto già complesso, i Paesi più poveri e devastati dai conflitti, come Siria (41%), Laos e Myanmar (40%), Iraq (35%), Libia (30%) e Sri Lanka (20%), affrontano aliquote punitive. Altri Paesi, come Australia, Russia, Ucraina, Egitto, Marocco, Argentina, Colombia e Perù, continueranno a pagare una tariffa standard del 10%.
In un’intervista a NBC News, Trump ha affermato che per i Paesi nominati nel suo decreto è “troppo tardi” per evitare le tariffe, ma ha aperto a future offerte di accordo. “Ciò non significa che qualcuno non si presenti tra quattro settimane e dica che possiamo raggiungere un accordo”, ha dichiarato.