Nelle prime ore del pomeriggio di mercoledì 30 luglio, un volo ha riportato Andrea Cavallari, evaso dal carcere di Bologna, in Italia. Cavallari, 26 anni, stava scontando una pena di 11 anni e 10 mesi per omicidio preterintenzionale legato alla tragica strage di Corinaldo avvenuta nel dicembre del 2018. Dopo essere stato arrestato a Barcellona il 17 luglio, grazie all’attivazione di un Mandato di Arresto Europeo, le autorità hanno avviato un’intensa operazione di ricerca.
La fuga di Cavallari è iniziata il 3 luglio, giorno della sua laurea. Approfittando di un permesso speciale, si era allontanato dal carcere per partecipare alla discussione della sua tesi, ma invece di tornare, è riuscito a far perdere le proprie tracce. Questo ha innescato una mobilitazione delle forze dell’ordine, che hanno avviato ricerche incrociate tra Italia e Spagna.
L’arresto e l’estradizione di Andrea Cavallari
L’arresto di Cavallari è stato il risultato di uno sforzo congiunto tra la polizia italiana e la Policía Nacional spagnola. Dopo essere stato localizzato a Lloret de Mar, una località turistica a circa 80 chilometri da Barcellona, Cavallari è stato fermato il 17 luglio, mentre stava per lasciare l’hotel. Durante la cattura, gli agenti hanno trovato 800 euro in contanti, che si sono rivelati essere banconote false.
Dopo l’arresto, Cavallari è stato scortato all’aeroporto di Roma Fiumicino, dove attenderà il completamento delle procedure di estradizione. Una volta concluse le formalità, verrà trasferito nel carcere di Civitavecchia. Le indagini e la gestione delle operazioni di cattura sono state coordinate dalla Procura Generale di Ancona e dalla Procura della Repubblica di Bologna, che hanno lavorato in sinergia per garantire la rapida restituzione di Cavallari alla giustizia italiana.
La fuga dopo la laurea
Le indagini hanno rivelato che, dopo aver lasciato il ristorante bolognese “The Man of the Sea”, dove aveva pranzato con la famiglia, Cavallari ha preso un taxi per Milano, con l’intento di trovare un rifugio. Da lì, ha proseguito il suo viaggio verso la Spagna, passando attraverso la Costa Azzurra e utilizzando mezzi di trasporto come il servizio di carpooling BlaBlaCar. Inizialmente si era ipotizzato che la sua fidanzata potesse essere coinvolta nella fuga, ma in seguito è emerso che i due si erano lasciati anni prima.
La fuga di Cavallari ha sollevato interrogativi sulla sicurezza delle strutture penitenziarie italiane e sulla gestione dei permessi di uscita per i detenuti. Questo episodio ha messo in luce le vulnerabilità del sistema penale, specialmente per i detenuti condannati per reati gravi.
La strage alla Lanterna Azzurra di Corinaldo
Andrea Cavallari è stato condannato per la strage avvenuta alla discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, il 7 dicembre 2018. Durante un concerto del rapper Sfera Ebbasta, un gruppo di giovani, tra cui Cavallari, ha spruzzato spray urticante nella folla, causando una calca mortale che ha portato alla morte di cinque ragazzi e di una madre. Questo tragico evento ha scosso l’Italia, sollevando un dibattito su sicurezza e controlli negli eventi pubblici.
Cavallari, insieme ad altri membri della banda, era accusato di aver creato terrore tra i presenti, strappando catenine d’oro ai coetanei. La condanna a oltre 11 anni di pena detentiva è stata vista come una risposta necessaria a un atto di violenza con conseguenze devastanti.
La gestione della detenzione
Il caso di Cavallari ha sollevato interrogativi anche sulle politiche di gestione dei detenuti. La notizia che avesse accesso a un telefono cellulare in carcere ha evidenziato possibili lacune nel sistema di controllo. Si sospetta che il dispositivo possa essere stato fornito da altri detenuti, portando a un’ulteriore indagine sulla sicurezza nelle prigioni.
L’intero episodio ha attirato l’attenzione mediatica non solo per la gravità del reato, ma anche per le implicazioni sulla sicurezza pubblica e sulle misure correttive necessarie per prevenire simili evasioni in futuro. Le autorità sono ora chiamate a rivedere le procedure di rilascio e monitoraggio dei detenuti, per garantire che situazioni simili non possano ripetersi.