Il panorama energetico globale sta attraversando cambiamenti profondi, guidati da nuove strategie geopolitiche e dalle sfide poste dal clima e dall’innovazione tecnologica. Le infrastrutture per la produzione e distribuzione di energia non sono più solo un elemento tecnico, ma un fattore chiave per il potere internazionale e la sicurezza degli Stati. Questo fenomeno emerge chiaramente nell’ultimo numero di WE – World Energy, la rivista trimestrale di Eni, che dedica ampio spazio alla trasformazione della logistica dell’energia e alle sue implicazioni globali.
Il ritorno al controllo totale nella catena energetica
Da decenni la globalizzazione aveva creato una rete economica interdipendente che, negli anni scorsi, sembrava stabilizzare anche i rapporti internazionali. Francesco Gattei, responsabile finanziario e della transizione di Eni, spiega come quel modello sia entrato in crisi. Oggi, dominare solo l’accesso alle risorse energetiche non basta più. La politica di molti Paesi punta a controllare l’intera catena, dalla produzione al trasporto fino alla distribuzione finale. La sicurezza energetica torna al centro dell’agenda internazionale, alimentata da una crescente diffidenza e protezionismo.
Questo cambiamento segna la fine di un’epoca in cui si sperava che l’economia globale potesse smussare le tensioni politiche. L’energia diventa così uno strumento diretto per esercitare influenza e sicurezza nazionale. Chi gestisce i flussi energetici può dettare le condizioni anche in ambiti spesso distanti dal confronto diretto, influenzando a cascata le dinamiche geopolitiche e commerciali internazionali.
Usa e cina protagonisti nella rimodulazione della mappa energetica
Gli Stati Uniti hanno mutato radicalmente approccio negli ultimi dieci anni, passando da importatori a principali esportatori di petrolio e gas naturale. Secondo Ben Cahill, esperto a university of Texas, Washington si concentra ora sul potenziamento delle infrastrutture e su un piano chiaro: diventare il fornitore energetico di riferimento per i Paesi alleati. I terminali di gas lungo la costa atlantica, per esempio, sono strumenti strategici per l’influenza europea e per ridurre la dipendenza dal gas russo.
Anche la Cina muove le sue pedine con un progetto ambizioso: la nuova Via della seta verde. Li Lifan, direttore del Centro studi di Shanghai, descrive come il gigante asiatico investa ingenti risorse per creare corridoi energetici terrestri che aggirano i percorsi tradizionali sottoposti a controllo statunitense. L’obiettivo pechinese non è solo mantenere flussi affidabili, ma spingere anche sull’elettrificazione e sulle energie rinnovabili. Questa rete avanzata trasferisce energia verde dalle aree periferiche fino ai grandi centri di produzione industriale, rifacendosi a un modello diverso rispetto all’epoca dominata dal petrolio.
Nel frattempo, l’Europa si trova in una posizione più fragile. La guerra in Ucraina ha evidenziato problemi strutturali importanti nelle reti di distribuzione continentali. Circa il 40% delle infrastrutture ha più di quarant’anni e sono nate per un sistema energetico basato sui combustibili fossili. La difficoltà di adattarsi alle fonti rinnovabili e la scarsa interconnessione aumentano i rischi per la sicurezza energetica dell’area. La Commissione europea ha risposto con un piano da 584 miliardi fino al 2030 per aggiornare, digitalizzare e rinnovare queste reti, ma resta una sfida enorme.
Le sfide climatiche e tecnologiche per le infrastrutture energetiche
Le reti energetiche europee, progettate in un contesto climatico diverso, si trovano oggi a dover affrontare eventi meteorologici estremi sempre più frequenti. Il riscaldamento globale genera fenomeni come ondate di calore, piogge intense e mareggiate più violente, che mettono a dura prova impianti costieri e sotterranei. L’innalzamento dell’acidità delle acque accelera il deterioramento di cavi e condotte. Gli studi dell’istituto affari internazionali sottolineano che i danni climatici tenderanno ad aumentare, mentre la risposta politica europea fatica a coordinare azioni efficaci tra i diversi paesi.
Un’ulteriore pressione viene dall’espansione dell’intelligenza artificiale e dei data center. Questi ultimi consumano elettricità paragonabile a quella di interi paesi come Germania o Francia. Il fabbisogno energetico degli impianti informatici potrebbe triplicare entro il 2030, incidendo fortemente sulle reti locali, che sono fatte per gestire consumi più regolari. Per i governi, la capacità di calcolo diventa così un elemento di sicurezza economica e strategica, ma apre il pericolo di una nuova dipendenza dalle fonti fossili, poiché l’estrazione di minerali per chip richiede materiali critici che possono scatenare nuove tensioni geopolitiche.
Le risposte europee, seppur in divenire, come la direttiva sulla resilienza delle entità critiche e la strategia sull’adattamento climatico, appaiono ancora insufficienti davanti a sfide così complesse e intrecciate. Controllare il futuro energetico europeo passa necessariamente per un aggiornamento sofisticato e coordinato delle infrastrutture, in un contesto di competizione globale sempre più serrata.
La centralità della logistica energetica nel futuro geopolitico
Il numero recente di WE riunisce contributi di accademici, esperti industriali e decisori politici che convergono su un punto: la logistica energetica ha assunto un ruolo centrale nello stabilire chi eserciterà potere globale da qui in avanti. Nuove vie di distribuzione, digitalizzazione e adattamento ai cambiamenti climatici conferiscono alle infrastrutture un’importanza paragonabile a quella delle risorse naturali o a quella delle tecnologie emergenti.
Chi riuscirà a governare questo complesso sistema di produzione, trasporto e consumo energetico, stabilirà condizioni vantaggiose sia sul piano economico sia in quello della stabilità politica internazionale. L’evoluzione della rete energetica è, quindi, una componente essenziale per comprendere i futuri assetti mondiali, più delle tradizionali rivalità su materie prime o mercati isolati.