Il trattamento di ipertermia a microonde sta acquisendo attenzione come supporto alle terapie oncologiche. Questo metodo elettromagnetico surriscalda le cellule tumorali per favorire l’effetto di chemioterapia e radioterapia, ma il controllo preciso della temperatura rimane una sfida. Un recente studio guidato dal Politecnico di Torino e dalla Fondazione Links propone una soluzione che promette di migliorare il monitoraggio in modo meno invasivo e più accessibile rispetto alle tecnologie attuali. Ecco cosa emerge dalla ricerca.
Cos’è l’ipertermia a microonde e perché serve
L’ipertermia a microonde si basa sull’aumento della temperatura entro un intervallo tra 42 e 44 gradi nelle cellule tumorali. Questa temperatura è sufficiente a indebolirle o renderle più vulnerabili agli attacchi di chemioterapia e radiazioni ionizzanti. Studi precedenti hanno confermato che combinare queste terapie con l’ipertermia può migliorare gli esiti, mantenendo la stessa efficacia a dosi minori o migliorandola a dosi standard.
Nonostante i benefici, la sua applicazione nella pratica clinica incontra ostacoli. Il problema principale riguarda il controllo della temperatura durante il trattamento. Per monitorare con precisione il calore sviluppato nel tessuto, spesso si ricorre a metodi invasivi o strumentazioni costose, come la risonanza magnetica, che limita la diffusione di questo trattamento.
Limiti dei metodi attuali per il controllo della temperatura
Al momento, la maggior parte dei centri utilizza tecniche invasive per misurare la temperatura durante l’ipertermia. Queste richiedono l’inserimento di sonde o dispositivi all’interno del corpo, con rischi e disagio per il paziente. Si stanno sperimentando alternative non invasive o meno invasive, ma queste soluzioni sono spesso molto costose e complesse da gestire.
Le apparecchiature come lo scanner MRI, ad esempio, offrono un monitoraggio dettagliato, ma richiedono accesso a tecnologie avanzate che non sono disponibili in tutti i centri oncologici. Questi ostacoli hanno ritardato l’adozione diffusa dell’ipertermia a microonde come trattamento complementare standard.
Il nuovo approccio del politecnico di torino e fondazione links
Il lavoro pubblicato su Nature Communications presenta un sistema innovativo che ricostruisce in tempo reale la temperatura tridimensionale all’interno della regione trattata. Prima dell’intervento vengono realizzate simulazioni termiche personalizzate sul paziente, basate su dati clinici e modelli di calore. Durante il trattamento, si raccolgono poche misurazioni di temperatura, anche prese in modo intraluminale, cioè dall’interno di alcune cavità naturali senza penetrare nel tessuto.
Questi dati limitati vengono elaborati da algoritmi che calibrano le simulazioni, permettendo di stimare con precisione la temperatura in ogni punto della zona trattata. In pratica, il metodo unisce modelli matematici a misure reali per offrire un quadro dettagliato senza ricorrere a strumenti invasivi o costosi.
Validazione e prospettive future della ricerca
Il gruppo di ricerca ha testato l’approccio sia attraverso modelli digitali realistici, chiamati digital twin, sia con esperimenti che simulano un trattamento di ipertermia nella regione testa-collo. I risultati dimostrano che il sistema fornisce stime affidabili e precise della temperatura.
Questa base sperimentale prepara il terreno per applicazioni cliniche vere e proprie. Se verranno confermati i risultati in ambiente ospedaliero, la nuova tecnica potrebbe semplificare l’adozione dell’ipertermia a microonde in più centri oncologici, aumentando l’accesso a trattamenti potenzialmente più efficaci.
I protagonisti della ricerca e contributi specifici
Lo studio è stato diretto da Giuseppe Vecchi, docente al Politecnico di Torino nel dipartimento di Elettronica e telecomunicazioni. Hanno collaborato ricercatori della Fondazione Links: Rossella Gaffoglio, Giorgio Giordanengo, Marco Righero, Marcello Zucchi e Giuseppe Musacchio Adorisio. Il team include anche partecipazioni di studiose e docenti del Politecnico, tra cui Aurora Bellone, Maryam Firuzalizadeh, Alberto Vallan e Guido Perrone. L’insieme di competenze ha permesso di sviluppare e testare il sistema integrato con un approccio multidisciplinare tra ingegneria elettronica e applicazioni cliniche.
“Questa collaborazione multidisciplinare rappresenta un importante passo avanti nel superamento delle difficoltà attuali nel monitoraggio della temperatura durante i trattamenti di ipertermia”, sottolineano gli autori.