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Attivista keniano mwabili mwagodi ritrovato vivo in tanzania dopo scomparsa e torture denunce su forze dell’ordine

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L’attivista per i diritti umani Mwabili Mwagodi, scomparso giorni fa nella zona di confine tra Kenya e Tanzania, è stato localizzato in vita e sta ricevendo assistenza medica a Mombasa. Il suo caso riaccende i riflettori sulle tensioni tra attivisti e forze dell’ordine nei due Paesi dell’Africa orientale, con accuse gravi di abusi e rapimenti.

La scomparsa di mwabili mwagodi e il ritrovamento in una foresta della tanzania

Mwabili Mwagodi era sparito senza lasciare tracce pochi giorni fa mentre si trovava in Tanzania, paese confinante con il Kenya. Secondo la ong Vocal Africa, il direttore Hussein Khalid ha dichiarato che Mwagodi è stato probabilmente vittima di un sequestro orchestrato da agenti di polizia dei due paesi. Le autorità avrebbero abbandonato l’attivista intorno alle tre di notte in una zona di foresta nella contea di Kwale, sul lato kenyano, con evidenti segni di tortura.

La localizzazione è avvenuta grazie a segnalazioni di cittadini e interventi di ONG locali, che hanno denunciato il maltrattamento subito. Il luogo esatto dove l’hanno ritrovato presenta condizioni difficili, ma le cure immediatamente somministrate a Mombasa hanno evitato conseguenze peggiori.

Il contesto politico e le accuse di repressione verso gli attivisti

La vicenda di Mwagodi si inserisce in un quadro più ampio di voci critiche verso il governo del presidente keniano William Ruto. Le proteste che hanno seguito la sua scomparsa sono legate anche allo scandalo sulle raccolte fondi poco trasparenti legate alla presidenza.

Hussein Khalid ha sottolineato che “non si tratta di un episodio casuale o isolato, ma di un modus operandi comune tra le forze dell’ordine nella regione est africana per silenziare dissidenti e attivisti.” Il sospetto è che esista una cooperazione clandestina tra governi per reprimere chi punta il dito contro abusi e corruzione.

Esperienze simili di altri attivisti nella regione est africana

Non è la prima volta che attivisti africani subiscono atti di violenza durante azioni di protesta o inchieste su temi sensibili. A giugno dello scorso anno, Boniface Mwangi, noto leader per i diritti umani in Kenya, e la collega ugandese Agather Atuhaire, furono sequestrati e torturati dalle forze tanzaniane.

Le loro testimonianze, supportate da accertamenti medici e rapporti di associazioni umanitarie, raccontano di un clima ostile per chi cerca di denunciare irregolarità nei paesi vicini. Questi fatti mettono in evidenza una rete repressiva che supera i confini nazionali e mette a rischio la sicurezza degli attivisti.

Impatto della vicenda sulla società civile e sulla pressione sulla politica estera

Il ritrovamento di Mwabili Mwagodi e la rivelazione delle torture ricevute hanno accelerato le richieste di indagini indipendenti da parte di organismi internazionali. La società civile kenyana e le organizzazioni per i diritti umani chiedono che vengano individuati e puniti i responsabili dell’abuso.

Le autorità di Nairobi e Dar es Salaam per ora hanno mantenuto un basso profilo, senza commenti ufficiali sul caso. Il susseguirsi di questi episodi crea tensioni che possono ribaltarsi su relazioni diplomatiche già delicate. La comunità internazionale osserva con attenzione quanto accade in quella porzione dell’Africa orientale, in attesa di risposte che garantiscano sicurezza ai difensori dei diritti umani.

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