Un giovane migrante venezuelano ha avviato un’azione legale contro il Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti , rivendicando danni per 1,3 milioni di dollari a causa della sua detenzione in El Salvador. La vicenda riguarda accuse di appartenenza a organizzazioni criminali e trattamenti duri durante la prigionia, che lui respinge con fermezza. Il caso attira attenzione sulla gestione delle deportazioni e le condizioni dei migranti nei centri di detenzione dell’America Centrale.
L’arresto e l’accusa negli stati uniti
Neiyerver Adrián Leon Rengel, 27 anni, è stato fermato il 13 marzo 2025 nel parcheggio del suo condominio a Irving, una città in Texas. Nel momento dell’arresto lavorava come barbiere, una professione che svolgeva da tempo. Le autorità federali lo hanno accusato di appartenere alla gang venezuelana “Tren de Aragua” basandosi principalmente su alcuni tatuaggi del giovane. Leon Rengel ha dichiarato di non avere legami con alcun gruppo criminale e ha contestato le accuse fin da subito.
Il suo arresto fa parte di una operazione più ampia che ha visto la deportazione di 252 cittadini venezuelani. Le autorità statunitensi hanno motivato il provvedimento con l’ipotesi che tali migranti fossero affiliati a organizzazioni coinvolte in attività illegali, ma non è mai stato avviato un processo formale nei confronti di Leon Rengel o degli altri coinvolti. L’arresto nel territorio texano è stato soltanto il primo passaggio di una catena di eventi che lo avrebbe portato fuori dagli Stati Uniti, in condizioni però difficili.
La detenzione prolungata in el salvador
Dopo l’espulsione dagli Stati Uniti, Leon Rengel è stato trattenuto per quattro mesi nel Centro di Confinamento per il Terrorismo a El Salvador. Il Centro è noto per le dure condizioni di reclusione e la gestione rigida dei detenuti, ma nel suo caso la detenzione è avvenuta senza alcun processo o accusa ufficiale contro di lui.
Durante la prigionia, Rengel racconta di essere stato confinato in una cella piccola, circa tre metri quadrati, insieme ad altri venti uomini. Il sovraffollamento rendeva impossibile un minimo standard di spazio personale. Le condizioni sanitarie erano scarse e non ha ricevuto cure mediche nonostante abbia manifestato necessità. I contatti con l’esterno sono stati quasi nulli: l’unica visita è stata quella della Croce Rossa, di soli trenta minuti.
La famiglia di Leon Rengel ha perso ogni informazione sulle sue condizioni per oltre un mese e mezzo, senza ricevere notizie né conferme sulla sua sorte o localizzazione. Questa mancanza di contatto ha alimentato preoccupazioni e timori gravissimi. La detenzione in Cecot ha prolungato una situazione di isolamento e di incertezza che ha pesato sulla salute fisica e mentale del giovane.
Il ritorno in venezuela e la causa legale negli stati uniti
Il rientro di Leon Rengel in Venezuela è avvenuto tramite uno scambio di prigionieri fra gli Stati Uniti e il governo di Nicolás Maduro. Una soluzione diplomatica che ha riportato il giovane nella sua regione d’origine, nello Stato di Miranda. Qui Rengel ha ribadito la sua volontà di non tornare negli Stati Uniti, dopo l’esperienza vissuta.
Al contempo, ha dato avvio a un’azione legale contro il Dipartimento per la sicurezza interna Usa , chiedendo un risarcimento di 1,3 milioni di dollari per i presunti maltrattamenti subiti durante la detenzione e la condizione di isolamento a El Salvador. La sua è la prima denuncia ufficiale che emerge tra coloro che hanno condiviso la stessa esperienza. Questa iniziativa potrebbe aprire un dibattito più ampio sulle modalità di gestione dei migranti detenuti e sulle responsabilità delle autorità americane e centroamericane in materia di diritti umani.
I fondamenti della denuncia
L’iniziativa legale si basa sulla contestazione delle accuse infondate e sull’assenza di un giusto processo. Leon Rengel spinge per il riconoscimento delle sofferenze subite durante quei mesi e per un risarcimento proporzionato ai danni materiali e morali riportati. Il caso rimane sotto osservazione da parte di organizzazioni per i diritti umani e della stampa internazionale.