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Francesco castronovo assolto dopo tre anni in carcere per la morte di Enzo fragalà, lo stato lo risarcisce

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La vicenda giudiziaria di Francesco Castronovo si è conclusa definitivamente con la sua assoluzione dall’accusa di aver partecipato al pestaggio mortale dell’avvocato Enzo Fragalà. L’uomo ha passato oltre tre anni in carcere, prima che la giustizia riconoscesse la sua innocenza. Ora lo Stato dovrà risarcirlo con 300 mila euro per l’ingiusta detenzione. Questo caso porta alla luce i limiti e le complessità della giustizia penale, soprattutto quando basata su testimonianze controverse.

La vicenda giudiziaria e le accuse contro francesco castronovo

Francesco castronovo è stato arrestato nel marzo 2017, accusato di essere coinvolto nell’omicidio di Enzo Fragalà, avvenuto a Palermo il 23 febbraio 2010. L’avvocato è stato brutalmente pestato davanti al suo studio in via Nicolò Turrisi, morendo dopo tre giorni di agonia in ospedale. Castronovo rimase in carcere anche in attesa del processo, trascorrendo più di mille giorni in detenzione preventiva.

Le accuse principali nacquero da una testimonianza del pentito Francesco Chiarello, che descrisse Castronovo come un “amico fraterno” e sostenne che si fosse presentato a casa sua con vestiti sporchi di sangue, confessando l’aggressione. Questa ricostruzione si rivelò poi poco attendibile perché altre prove e dichiarazioni sparigliarono la verità, mettendo in discussione il peso delle parole del pentito.

Processo, assoluzione e risarcimenti da parte dello stato

L’intero procedimento giudiziario si è sviluppato su più gradi. Dopo la detenzione preventiva, Castronovo fu scarcerato il 23 marzo 2020 al termine del processo di primo grado. Successivamente, la Corte d’appello confermò la sua innocenza e la Cassazione respinse i ricorsi della Procura generale e del ministero dell’Economia che avevano contestato questa decisione.

A quel punto, la giustizia ha riconosciuto l’errore grave, stabilendo un risarcimento di 300 mila euro a Castronovo per ingiusta detenzione. Lo stesso indennizzo è stato concesso a Paolo Cocco, assolto insieme a Castronovo, rimasto in carcere per 1.104 giorni, anch’egli vittima di un errore giudiziario.

Testimonianze contrastanti e l’impatto sulle indagini

L’intricata rete di testimonianze ha inciso pesantemente sulla vicenda. Antonino Siragusa, accusato in prima battuta, scelse di autoaccusarsi del delitto e indicò come autore materiale il boss Antonino Abbate. Questa dichiarazione portò alla condanna di altri imputati, tra cui Francesco Arcuri e Salvatore Ingrassia.

I giudici accettarono la versione di Siragusa, mentre la Procura non le diede credito. Si trattò di un procedimento segnato da forti contraddizioni, in cui i pentimenti e le autoaccuse modificarono l’orientamento delle indagini. La posizione di Castronovo, alimentata da testimonianze poi ritenute inattendibili, evidenzia i rischi legati all’affidarsi esclusivamente a dichiarazioni di collaboratori di giustizia.

Il danno irreparabile della detenzione ingiusta e il risarcimento

La detenzione di Castronovo e di Cocco non rappresenta solo un episodio giudiziario, ma una ferita aperta per entrambi. Rimanere oltre tre anni in carcere per un reato mai commesso ha avuto impatti personali, sociali e professionali difficili da quantificare.

Lo Stato ha liquidato un risarcimento pari a 300 mila euro a ciascuno, riconoscendo così il danno provocato dall’errore della giustizia penale. Questa somma si configura come “riparazione” per una privazione della libertà ingiusta. Il riconoscimento economico però non può cancellare il tempo perso e le conseguenze di un caso finito sotto i riflettori solo dopo anni di processo.

L’assoluzione definitiva chiude una lunga pagina giudiziaria accompagnata da polemiche e controversie, sottolineando la necessità di cautela nelle indagini affidate a testimonianze ambigue. Questa vicenda rimane un monito per il sistema giudiziario e una garanzia di giustizia per chi è stato vittima di errori processuali.

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