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l’ungheria vieta l’ingresso ai kneecap per accuse di discorsi d’odio e sostegno a gruppi armati durante lo sziget festival

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Le autorità ungheresi hanno bloccato l’ingresso e l’esibizione del gruppo rap irlandese kneecap, noto per le sue posizioni a favore della causa palestinese. Il divieto riguarda la partecipazione alla prossima edizione dello sziget festival a budapest. Secondo il governo ungherese, la band avrebbe diffuso messaggi antisemiti e promosso organizzazioni come hamas ed hezbollah, considerate terroriste da diversi stati. La decisione è stata comunicata dal portavoce zoltan kovacs attraverso i canali social del governo.

Motivazioni dietro il divieto ai kneecap

Zoltan Kovacs ha ribadito che la linea del governo è a favore di una “tolleranza zero” verso ogni forma di antisemitismo. La motivazione ufficiale dietro al divieto è la volontà di proteggere la sicurezza delle comunità ebraiche presenti in ungheria, ritenute vulnerabili di fronte al messaggio veicolato dalla band. Il portavoce ha sottolineato come permettere l’esibizione della band significherebbe dare una piattaforma a idee che giustificano odio e violenza. Nei documenti ufficiali diffusi, le autorità per l’immigrazione spiegano che il gruppo rappresenta una seria minaccia per la sicurezza nazionale, giustificando così il divieto di ingresso valido per tre anni.

L’organizzazione dello sziget festival, uno dei più grandi eventi musicali in europa centrale, si trova quindi a dover riorganizzare la line up dopo questa decisione. L’azione del governo ungherese arriva anche in un momento in cui gli attriti geopolitici legati al conflitto israelo-palestinese sono in aumento. Il caso dei kneecap rappresenta una delle tante tensioni a livello culturale e politico che coinvolgono artisti e istituzioni nei paesi occidentali.

Le controversie dei kneecap in altri eventi musicali europei

Il gruppo rap irlandese non è nuovo a polemiche. Recentemente si è esibito al glastonbury festival nel regno unito, dove il frontman mo chara ha usato il palco per denunciare presunti crimini di guerra israeliani a gaza. Questa presa di posizione ha generato critiche e ha attirato l’attenzione delle autorità britanniche. A seguito di uno spettacolo, mo chara è stato anche accusato di terrorismo per aver mostrato una bandiera a sostegno di hezbollah, tesi che lui respinge con fermezza.

La presenza di questa bandiera ha scatenato un dibattito pubblico sul confine tra libertà d’espressione e incitamento alla violenza. Le autorità inglesi hanno valutato la situazione con attenzione, ma finora non sono emerse azioni formali oltre alla denuncia. Nel frattempo, mo chara e i kneecap continuano a rivendicare il loro diritto a esprimere critiche politiche attraverso la musica, anche se provocatorie.

Alcuni musicisti si uniscono per difendere gli artisti critici verso israel

Alcuni musicisti, tra cui massive attack, brian eno e fontaines dc, hanno dato vita a un sindacato per difendere artisti che criticano l’offensiva militare israeliana a gaza. Questa iniziativa nasce per contrastare le pressioni di gruppi filo-israeliani che, secondo gli artisti, metterebbero in atto campagne aggressive e vessatorie nei loro confronti.

Impatto della decisione ungherese sul panorama musicale e politico europeo

Il divieto imposto dall’ungheria non è un caso isolato, ma si inserisce nel più ampio dibattito che lega arte e politica, soprattutto in rapporto a conflitti internazionali molto dibattuti. Limitare l’accesso di un gruppo con un messaggio provocatorio pone interrogativi sulle libertà artistiche e sui confini tra provocazione e incitamento. La decisione presa nelle ultime settimane potrebbe influenzare scelte simili da parte di altri paesi europei, mettendo in discussione il ruolo che eventi culturali devono avere in situazioni politiche delicate.

D’altronde, i kneecap hanno dimostrato di non voler rinunciare alla loro linea, anche a fronte di censura e critiche. La loro musica continua a essere accompagnata da un forte impegno politico, che genera sostegno in alcuni ambienti e rifiuto in altri. Lo scontro tra le istituzioni e l’espressione artistica resta quindi vivo e con sviluppi da monitorare. Il caso ungherese segnala come, in certe situazioni, la musica diventa elemento al centro di tensioni ben più grandi, legate ai conflitti mediorientali e alle diverse visioni sul tema.

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