Le parole di Céline Sciamma, regista e sceneggiatrice francese, risuonano con forza nel panorama contemporaneo del cinema. Durante la cerimonia di premiazione del Premio Sergio Amidei, Sciamma ha evidenziato un aspetto cruciale: le macchine da presa più importanti del nostro tempo sono nelle mani di coloro che resistono, dei testimoni delle vittime e degli oppressi. Questa affermazione invita a riflettere sul ruolo sociale e politico del cinema, specialmente in contesti di crisi come quelli attuali in Palestina, Ucraina e Calais.
il cinema come strumento di resistenza in palestina
In Palestina, la macchina da presa ha il compito di documentare un conflitto che dura da decenni, portando a una situazione di oppressione sistemica nei confronti del popolo palestinese. Le immagini di bombardamenti, sfollamenti e violazioni dei diritti umani vengono catturate da cineasti che lottano per far sentire la voce di chi vive quotidianamente l’orrore della guerra. Queste testimonianze visive non sono solo documentazione, ma veri e propri atti di resistenza che cercano di mantenere viva la memoria storica di un popolo.
il coraggio del cinema in ucraina
In Ucraina, la situazione è altrettanto drammatica. L’invasione russa, iniziata nel febbraio 2022, ha portato a un conflitto sanguinoso che ha devastato il paese e costretto milioni di persone a fuggire. Qui, le telecamere raccontano le atrocità della guerra e il coraggio di chi resiste. Cineasti e giornalisti, spesso a rischio della propria vita, documentano la lotta del popolo ucraino per la libertà e la sovranità. La loro arte diventa un potente strumento di denuncia, capace di mobilitare l’opinione pubblica e sensibilizzare il mondo su una crisi che non può essere ignorata.
la situazione dei migranti a calais
A Calais, la situazione dei migranti e dei rifugiati è altrettanto allarmante. Le macchine da presa filmando le operazioni delle forze dell’ordine francesi, che spesso ricorrono a metodi brutali per fermare il flusso di persone in cerca di una vita migliore. L’immagine dei gommoni affondati a colpi di coltello è diventata un simbolo delle politiche di immigrazione repressive. I filmmaker in questo contesto non solo documentano, ma si schierano dalla parte di chi lotta per i diritti umani, cercando di dar voce a chi viene sistematicamente ignorato dalle istituzioni.
Sciamma ha sottolineato che il cinema di fiction, pur avendo un potenziale enorme per produrre illusioni e narrazioni coinvolgenti, è spesso limitato dalla sua natura commerciale. Ha affermato che è “un’arte nata e cresciuta con il capitalismo”, suggerendo che il linguaggio cinematografico, quando si sviluppa all’interno di un’industria, può avere difficoltà a immaginare un mondo diverso. Questo punto è cruciale: in un’epoca in cui il cinema è spesso visto come intrattenimento, Sciamma ci invita a riflettere sul suo potere di trasformazione sociale.
Il suo discorso si apre a una visione più ampia di ciò che il cinema può e deve essere. Anche se il contesto attuale presenta sfide immense, Sciamma sottolinea l’importanza della resistenza attraverso il cinema. La sua affermazione che “il cinema si vede come resistente” evidenzia la tensione tra la necessità di innovare e la pressione di conformarsi a modelli economici consolidati.
Sciamma ha anche reso omaggio a figure fondamentali della fantascienza femminista, come Mary Shelley e Ursula K. Le Guin, suggerendo che le loro opere, pur essendo straordinarie, non hanno trovato adeguato spazio nel panorama cinematografico. Questa osservazione apre la porta a una discussione importante sulla rappresentazione delle donne e delle loro esperienze nel cinema.
La regista invita a ripensare il cinema come archivio della nostra storia, una testimonianza di ciò che ci ha portato dove siamo oggi. Questa è una chiamata all’azione per cineasti, artisti e attivisti, affinché continuino a utilizzare la macchina da presa come strumento di resistenza e di memoria collettiva. In un mondo in cui le narrazioni dominanti spesso relegano le voci degli oppressi a un ruolo marginale, il cinema ha la responsabilità di essere un faro di verità e giustizia. Le parole di Sciamma ci esortano a non dimenticare mai il potere che il cinema può avere nel raccontare storie di lotta, speranza e resilienza.