Nel 2023 l’Italia ha segnato un aumento nella quantità di rifiuti speciali prodotti, secondo il rapporto pubblicato da Ispra. Sono quasi 164,5 milioni di tonnellate i rifiuti generati da industrie, attività commerciali, artigianali e servizi, con una crescita dell’1,9% rispetto all’anno precedente. Parallelamente a questo aumento, ha raggiunto il 73% la percentuale di rifiuti recuperati, un dato che rappresenta un nuovo record nazionale.
La produzione di rifiuti speciali in italia: quantità e tendenze
L’ultimo Rapporto Rifiuti Speciali di Ispra, giunto alla 24° edizione, evidenzia un incremento della produzione di rifiuti rispetto al 2022. Dopo un periodo di riduzioni, il volume complessivo è tornato a salire, attestandosi a quasi 164,5 milioni di tonnellate nel 2023. Questo valore comprende i rifiuti generati da settori molto diversi: dall’industria manifatturiera al commercio, dalle attività artigianali alla gestione dei rifiuti stessi fino al risanamento ambientale.
Nonostante l’aumento, migliora il recupero dei materiali: il 73% dei rifiuti speciali, corrispondente a 130 milioni di tonnellate, è stato destinato a processi di recupero o riutilizzo. Questo spostamento riduce la quantità di materiali inviati in discarica, che è diminuita dell’11,2%, pari a quasi un milione di tonnellate in meno. I dati mostrano una gestione più attenta e una maggiore efficienza nel riciclo e recupero di rifiuti particolarmente voluminosi.
I principali settori produttori di rifiuti speciali in italia
Il settore che genera la maggior quantità di rifiuti speciali continua a essere quello delle costruzioni e demolizioni. Con circa 83,3 milioni di tonnellate, rappresenta quasi il 51% del totale nazionale. Questi rifiuti trovano soprattutto una seconda vita come materiali per sottofondi stradali e rilevati, confermando un utilizzo diffuso nel settore infrastrutturale.
Al secondo posto ci sono i metalli e i composti metallici, con 21 milioni di tonnellate, pari all’11,6% del totale. La maggior parte dei metalli recuperati viene inviato alle acciaierie soprattutto al Nord Italia, dove vengono avviati a nuovi cicli produttivi. Nel recupero rientrano anche materiali organici come carta, cartone e legno, che costituiscono circa il 7% dei rifiuti trattati.
Questo quadro industriale mostra come la gestione dei rifiuti speciali si concentri su una quantità elevata di materiali diversi, con strategie differenziate in base alla natura delle sostanze, sempre più orientate al riuso e al riciclo.
La distribuzione regionale della produzione di rifiuti speciali
Il Nord Italia si conferma l’area con la maggiore produzione di rifiuti speciali: 94,1 milioni di tonnellate, che corrispondono al 57,2% del totale nazionale. La Lombardia è la regione con il dato più elevato, superando i 35,9 milioni di tonnellate e coprendo circa il 22% della produzione nazionale.
Al Centro, la Toscana guida la classifica con una produzione di 10,4 milioni di tonnellate di rifiuti speciali. Al Sud si contano quasi 42,3 milioni di tonnellate complessive, con la Campania principale regione per quantità: oltre 11,1 milioni di tonnellate, vale a dire il 26,4% del totale meridionale.
Questo schema conferma che le aree a più forte presenza industriale sono anche quelle dove si concentra la maggiore produzione di rifiuti speciali. Le differenze tra macroaree geografiche riflettono le diverse attività economiche locali e le modalità di gestione ambientale adottate.
Rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi: dati e dinamiche
I rifiuti speciali non pericolosi rappresentano la quasi totalità del totale prodotto, con il 93,8%. Nel 2023 sono cresciuti di 2,8 milioni di tonnellate, segnando un incremento dell’1,9%. Anche i rifiuti pericolosi hanno mostrato un aumento, seppur più contenuto: 193 mila tonnellate in più rispetto all’anno precedente.
Nel dettaglio, i rifiuti non pericolosi raggiungono quasi 154,3 milioni di tonnellate, mentre quelli pericolosi superano i 10 milioni. Il settore manifatturiero è il principale produttore di rifiuti pericolosi, con quasi 3,7 milioni di tonnellate e il 36,1% del totale. Questo segmento richiede una gestione più rigorosa per gli impatti potenziali sulla salute e sull’ambiente.
Le cifre indicano che le attività industriali e produttive, che generano maggiori quantità di rifiuti pericolosi, devono continuare a garantire controlli e protocolli di trattamento adeguati.
I flussi di rifiuti critici con dati aggiornati al 2023
Il rapporto Ispra analizza anche categorie di rifiuti particolarmente delicati, che sollevano problematiche specifiche legate alla loro gestione. Tra questi, i rifiuti contenenti amianto si attestano a 240.000 tonnellate. La presenza di amianto comporta rischi elevati, perciò la rimozione e il trattamento restano tra le priorità di sicurezza ambientale.
Per quanto riguarda i veicoli fuori uso , la produzione ha subito una riduzione del 4% rispetto al 2022. In ogni caso il reimpiego e il riciclaggio per questi rifiuti raggiungono una percentuale molto significativa, l’85,8%, che sottolinea l’efficacia della filiera di recupero.
Gli pneumatici fuori uso gestiti sono quasi 500.000 tonnellate, con un calo simile a quello dei VFU, pari al 4%. Questi materiali richiedono impianti specializzati per evitare impatti ambientali negativi.
I fanghi di depurazione delle acque reflue urbane sono stati prodotti in quantità di 3,2 milioni di tonnellate, con un leggero decremento dello 0,16%. Questi fanghi sono il risultato dei processi di trattamento delle acque e necessitano di smaltimenti o recuperi attenti.
Infine, escludendo terre, rocce e fanghi di dragaggio, l’81% dei rifiuti da costruzione e demolizione è stato riciclato. Questo tasso elevato riflette un’efficace attività di recupero nel settore costruzioni, dove si tende a valorizzare materiali riutilizzabili.
I rifiuti sanitari pericolosi sono stati poco meno di 220.000 tonnellate, con una riduzione del 5,9% rispetto al 2022, un segnale che indica una gestione più attenta e mirata anche per questo tipo particolare di rifiuti.
L’analisi dei dati conferma una situazione complessa, con miglioramenti consistenti nella percentuale di recupero e con obiettivi chiari verso un uso più sostenibile delle risorse e una minore pressione ambientale.