L’offensiva israeliana continua a provocare vittime tra la popolazione civile di Gaza, con numerosi decessi e feriti registrati in prossimità dei centri di distribuzione degli aiuti alimentari. Le tensioni in queste aree sono cresciute negli ultimi tempi, in cui le folle si radunano per ricevere sostegno, tra accuse reciproche tra le autorità palestinesi e gli organismi di assistenza internazionali.
L’attacco nei pressi dei centri di aiuto a gaza
Il 19 aprile 2025, fonti della protezione civile di Gaza hanno segnalato che un raid delle forze israeliane ha causato la morte di 39 persone e ha ferito più di 100 individui all’interno o vicino a due punti di soccorso situati nel sud del territorio, precisamente a Khan Yunis e Rafah. Le zone colpite rappresentano aree chiave per l’erogazione di generi alimentari e aiuti umanitari per migliaia di persone vessate dal conflitto e dalla scarsità di risorse.
Le parole di mahmud bassal
Mahmud Bassal, portavoce della protezione civile palestinese, ha indicato che i colpi d’arma da fuoco attribuiti a soldati israeliani hanno provocato le vittime proprio mentre gruppi di civili attendevano di ricevere assistenza. Le condizioni di questi centri sono ormai critiche, con lunghissime attese sotto il sole e precarie misure di sicurezza. L’incidente sottolinea la crescente difficoltà di chi cerca cibo in un territorio stretto nella morsa bellica.
Le accuse tra fazioni e il ruolo della gaza humanitarian foundation
Le autorità di Gaza puntano il dito contro Israele per i morti nei punti di raccolta degli aiuti, accusando l’esercito di colpire volutamente i civili. Tuttavia, la Gaza Humanitarian Foundation , un’organizzazione con finanziamenti e supporto di Stati Uniti e Israele che ha sostituito le Nazioni Unite come principale ente per la distribuzione di aiuti nel territorio, ha rilanciato con accuse contro Hamas.
Secondo la Ghf, l’organizzazione palestinese avrebbe fomentato disordini e sarebbe responsabile di spari diretti contro i civili presenti nelle folle in attesa. Questo scontro di versioni rende complicata la ricostruzione esatta degli eventi e crea un clima di confusione nelle valutazioni internazionali. Da parte israeliana si sostiene che Hamas utilizzi la popolazione come scudo umano, mentre dall’altra parte si denuncia un uso eccessivo della forza da parte dell’esercito.
Testimonianze dirette dai sopravvissuti e dalla popolazione locale
Diverse testimonianze raccolte sul posto descrivono scene di caos e terrore. Abdul Aziz Abed, 37 anni, ha raccontato agli inviati di agenzie internazionali di essersi recato prima dell’alba, insieme a cinque familiari, verso il centro di distribuzione di Al-Tina, a Khan Yunis, nella speranza di procurarsi del cibo. Alla loro presenza, i soldati israeliani avrebbero aperto il fuoco improvvisamente, costringendo il gruppo a una fuga immediata.
“Io e i miei parenti non abbiamo ottenuto nulla, solo proiettili e stanchezza”, ha detto Abed. Altre tre persone presenti hanno confermato la dinamica dell’attacco, raccontando come il clima di paura e confusione abbia impedito ogni possibilità di approvvigionamento alimentare. Queste testimonianze si inseriscono in un contesto di continue difficoltà per i civili di Gaza, che spesso si trovano di fronte alla scelta tra restare senza cibo o rischiare la vita pur di accedere agli aiuti.
L’episodio segna un’ulteriore battuta d’arresto per ogni tentativo di mettere in sicurezza le operazioni di assistenza, che restano fragile e sotto pressione in un ambiente segnato da scontri frequenti e violenti.