Negli ultimi giorni la Siria meridionale si è trovata al centro di nuove tensioni violente tra comunità locali e la crescente minaccia di gruppi jihadisti. Marco Rubio, segretario di stato statunitense, ha rivolto un appello diretto al governo di Damasco affinché impedisca l’ingresso e le azioni di combattenti armati nel territorio più fragile del paese. La richiesta arriva in un momento di instabilità acuta, mentre le rimanenti sacche dell’Isis cercano di riaffermare la propria presenza nella regione.
La richiesta di marco rubio al governo siriano per fermare i jihadisti
Marco Rubio ha espresso una posizione netta su X, chiedendo alle autorità siriane di mobilitare le forze di sicurezza per evitare che l’Isis e altri gruppi jihadisti violenti penetrino nel sud della Siria. La regione è teatro di scontri sanguinosi tra comunità druse e beduine sunnite, e Rubio sottolinea la necessità di prevenire nuovi massacri. Nel suo messaggio ha sollecitato anche la responsabilizzazione delle forze governative, affinché chi si rende colpevole di atrocità risponda davanti alla giustizia, inclusi sospetti all’interno degli stessi ranghi militari.
L’esponente americano ha chiesto inoltre una cessazione immediata delle ostilità tra le comunità locali, che in poco tempo hanno causato centinaia di vittime e un grave deterioramento della situazione nella provincia di Sweida. La presenza persistente dei jihadisti nel vasto deserto siriano rappresenta un rischio concreto per la stabilità di un territorio già fragile e martoriato da più di un decennio di conflitti.
La presenza dello stato islamico e le dinamiche di conflitto in siria
L’Isis ha conquistato ampie porzioni di Siria e Iraq tra il 2011 e il 2014, raggiungendo picchi di potere con la creazione del cosiddetto califfato. L’intervento delle forze curde e il sostegno militare degli Stati Uniti hanno arginato l’avanzata di questi combattenti, portando a una sconfitta formale nel 2019. Nonostante ciò, il gruppo terroristico mantiene un radicamento in alcune aree meno controllate, soprattutto nel deserto siriano, da dove può pianificare operazioni e attacchi.
La difficoltà delle autorità siriane a mantenere il controllo completo del territorio lascia spazi a nuovi episodi di violenza e alla possibilità che i jihadisti si inseriscano in conflitti locali, alimentando ulteriormente tensioni intercomunitarie. I combattimenti nel sud tra drusi e beduini riflettono una situazione di instabilità in cui le milizie armate cercano di estendere la loro influenza sfruttando le debolezze del governo centrale.
I violenti scontri tra drusi e beduini nella provincia di sweida
Il 13 luglio scorso nella provincia di Sweida, nel sud della Siria, è scoppiata una violenza senza precedenti tra comunità druse e beduine sunnite. L’osservatorio siriano per i diritti umani, con base a Londra, ha contato quasi 940 morti legati a questi scontri. Il governo di Damasco ha annunciato subito il cessate il fuoco e ha stretto un ridispensimento delle truppe per fermare i combattimenti e ripristinare l’ordine, ma sul campo la situazione rimane tesa.
Nonostante la ripresa della città di Sweida da parte delle forze druse, almeno secondo l’osservatorio, spari isolati, incendi e saccheggi hanno continuato a manifestarsi anche nelle ore successive, complicando i tentativi di stabilizzazione. Il prolungarsi delle ostilità mette a dura prova una regione già provata da anni di conflitti civili e divisioni etniche, con ripercussioni dirette sulla popolazione civile e sul quadro di sicurezza complessiva.
Timori per un’espansione degli scontri e nuove infiltrazioni jihadiste
Il rischio di un’espansione degli scontri, unito al timore per una nuova infiltrazione di gruppi islamisti armati, spiega l’urgenza delle richieste di figure politiche internazionali come Marco Rubio. Le autorità siriane sono chiamate a intervenire in modo deciso, mentre la comunità internazionale osserva con attenzione lo sviluppo di una crisi che potrebbe allargarsi e aggravare ulteriormente la situazione nel paese.