La tensione tra Stati Uniti ed Europa riguarda il futuro dei dazi commerciali. Il segretario al commercio americano ha ufficializzato la scadenza definitiva al primo agosto per risolvere la questione dei dazi, escludendo ulteriori proroghe. L’Europa ora si prepara a rispondere, accelerando i negoziati ma anche pianificando contromisure se l’intesa dovesse fallire.
La posizione degli stati uniti e il termine senza rinvii per i dazi
Howard Lutnick, segretario al commercio degli Stati Uniti, ha confermato chiaramente che il primo agosto rappresenta il termine ultimo, senza possibilità di proroghe, per risolvere la questione dei dazi con l’Europa. La sua dichiarazione, rilasciata in un’intervista alla CBS, sottolinea un approccio deciso da parte di Washington che punta a ottenere maggiori aperture commerciali dagli stati europei. Lutnick ha espresso fiducia nel raggiungimento di un accordo, auspicando che i paesi coinvolti preferiscano eliminare i dazi anziché affrontare pesanti tariffe. Questo annuncio segna una svolta nelle trattative, che fino a quel momento avevano visto prolungamenti e rinvii.
Un messaggio forte e una linea netta
Il segretario ha indicato che la rigidità sul rispetto della scadenza rappresenta un segnale concreto per i partner europei e una linea netta su cui devono basare le proprie strategie commerciali. Il messaggio arriva in un momento cruciale, con i dieci giorni che precedono la data che diventano un vero conto alla rovescia. Washington continuerà a spingere sulla necessità di evitare barriere tariffarie, confermando l’intento di tutelare i propri interessi esportativi soprattutto in settori chiave come metalli e automobili. Resta però da vedere quale sarà la risposta di Bruxelles.
Gli sforzi dell’europa tra preparazione e prudenza negli ultimi giorni di trattativa
Bruxelles si trova in una fase delicata. Da una parte gli europei vogliono evitare l’esplosione di una guerra dei dazi che danneggerebbe entrambi, dall’altra si preparano anche a uno scenario senza accordo. L’Unione Europea sembra muoversi con due idee: intensificare le negoziazioni, ma senza smettere di organizzare risposte coordinate che possano essere attivate rapidamente se Washington dovesse chiudere la porta. Questo approccio riflette la consapevolezza che la strada per un’intesa resta incerta.
Il dialogo tecnico e la leadership di von der Leyen
Ancora non è stata convocata ufficialmente una riunione del Coreper, ovvero il comitato dei rappresentanti permanenti dei 27 paesi dell’UE, ma si attende che tra martedì e mercoledì prossimi ci sarà un incontro per valutare le prossime mosse comuni. Dietro le quinte, le fonti di Bruxelles dicono che il dialogo tecnico e politico procede con costanza e al più alto livello. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, si appresta a recarsi in Giappone e Cina per incontri diplomatici che seguono il filo dei negoziati con gli Stati Uniti, confermando l’importanza di mantenere un fronte solido anche con altri partner internazionali.
Nel frattempo, l’UE non perde di vista l’allargamento delle alleanze che condividono visioni comuni su commercio, digitale e difesa. Stati come India, Regno Unito, Canada, Australia e Giappone vengono rafforzati come interlocutori importanti. La cautela resta comunque alta: l’UE sa che prima del primo agosto i rapporti con Washington devono essere gestiti con attenzione, ma si prepara anche a ogni possibile sviluppo, incluso il fallimento delle trattative.
I dazi pronti e la strategia europea per fronteggiare uno stallo con washington
L’Europa ha già delineato alcune contromisure in caso di mancato accordo sui dazi. Tra queste, spiccano le tariffe potenziali per 21 miliardi di euro, pronte a partire dal 6 agosto, come risposta alle tariffe statunitensi su acciaio e alluminio. Oltre a queste, è stata compilata una lista aggiuntiva di prodotti europei per un valore di 72 miliardi, che potrebbero essere soggetti a dazi in risposta a interventi unilaterali di Washington. Questa strategia mira a mostrare fermezza, ma anche a comunicare che Bruxelles è pronta a reagire in modo proporzionato.
Lo strumento “bazooka”, arma estrema in vista
Questi strumenti rappresentano le prime due fasi della risposta europea, mentre sullo sfondo si valuta la cosiddetta terza fase, ovvero l’utilizzo del cosiddetto “bazooka”, uno strumento anti-coercizione. Nato con l’obiettivo di contrastare pratiche commerciali aggressive, questo strumento prevede sanzioni mirate e misure di protezione più stringenti. L’uso del bazooka è considerato un’arma estrema, da attivare solo in situazioni gravi. Al momento, nessuno sembra spingere per usarlo subito, anche perché potrebbe dividere i paesi membri tra chi spinge per una linea dura e chi preferisce un approccio più cauto.
Divisioni interne all’europa sul fronte delle contromisure e le opinioni dei paesi membri
La questione del bazooka evidenzia un’Italia cauta e prudente, attenta a mantenere un rapporto privilegiato con Washington. Roma non si mostra propensa a inasprire troppo lo scontro, prediligendo la diplomazia e il dialogo. In uno scenario simile troviamo anche la Germania, che però resta interessata a un asse franco-tedesco che tenda a una risposta coordinata con paesi come Francia e Spagna.
Alleati per la fermezza e opinioni divergenti
Francoforte e Madrid guidano la schiera di paesi favorevoli a reagire con determinazione, e con lo strumento massimo in mano, disposti anche a rispondere colpo su colpo alla politica commerciale di Donald Trump e suoi successori. Austria e Danimarca non si tirano indietro e sostengono la linea di fermezza. Dal lato opposto si collocano Polonia e i paesi baltici, più riluttanti a intensificare lo scontro.
Il caso particolare di ungherese e altri dissidenti
Infine, un caso particolare è quello dell’Ungheria guidata da Viktor Orban. Da sempre critica verso Bruxelles e vicina alle posizioni di Trump, Budapest potrebbe rappresentare una voce discordante nel gruppo dei 27. Questa varietà di posizioni all’interno dell’UE rende complicato definire una strategia unitaria, ma al momento la tensione e la preparazione di nuove misure sono evidenti. L’Europa si muove quindi tra il tentativo di negoziazione e la tutela dei propri interessi, in vista di una scadenza che potrebbe segnare una svolta nelle relazioni transatlantiche per i prossimi anni.