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Felice maniero accusato di aggressione a un compagno di cella nel carcere di sollicciano

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Felice Maniero, ex boss della Mala del Brenta, è tornato a comparire davanti al tribunale di Firenze, questa volta per rispondere dell’accusa di aver picchiato un compagno di cella nel carcere di Sollicciano. Il fatto risale al luglio 2020, quando Maniero stava scontando una condanna per maltrattamenti. L’episodio, emerso nella prima udienza del processo, svela tensioni all’interno del carcere e mette nuovamente l’ex boss sotto i riflettori della cronaca giudiziaria.

Le accuse e i fatti contestati nel processo a felice maniero

Il procedimento giudiziario si è aperto con una videoconferenza da un sito protetto, in cui Felice Maniero ha risposto alle domande riguardanti un’aggressione avvenuta nel carcere di Sollicciano. L’ex capo della Mala del Brenta è accusato di aver colpito un altro detenuto, suo compagno di cella, provocandogli una frattura al setto nasale e diverse ecchimosi. La vittima è un detenuto pugliese collaboratore di giustizia, già noto per la sua posizione particolare all’interno del penitenziario.

La ricostruzione del pestaggio parla di tensioni legate a problemi di convivenza tra i due. In particolare, Maniero ha dichiarato che il detenuto spesso teneva il volume della televisione troppo alto durante il giorno e russava pesantemente di notte. Secondo la sua versione, l’aggressione sarebbe scaturita da un tentativo di riportare un minimo di ordine nella cella. Ha ammesso di aver colpito l’uomo con il telecomando della tv, un gesto che ha causato lesioni giudicate guaribili in dieci giorni.

Il contesto della detenzione di maniero e i precedenti penali

Al momento dell’episodio, Felice Maniero era recluso per scontare una pena di quattro anni inflitta per maltrattamenti nei confronti della sua ex compagna, Marta Bisello. La sua detenzione in carcere non è una novità; l’ex boss è stato al centro di numerosi procedimenti per fatti legati alla sua lunga carriera criminale. La sua fama, acquisita come capo della banda della Mala del Brenta, lo ha reso un personaggio noto nel panorama giudiziario italiano.

L’episodio di violenza nel carcere di Sollicciano rivela le difficoltà di gestione di un detenuto con un passato così controverso e la difficile convivenza con altri reclusi, soprattutto con chi ha ruoli inconsueti come quello di collaboratore di giustizia. Le condizioni all’interno delle celle spesso generano conflitti, ma l’uso della violenza rappresenta un reato che influisce sul percorso giudiziario del detenuto.

L’impatto del processo sulla figura pubblica di felice maniero

Questa nuova vicenda incrina ulteriormente l’immagine già complessa di Felice Maniero, che ha attraversato decenni e condanne. L’accusa di aggressione nel carcere toscano si aggiunge all’elenco di episodi violenti che lo vedono coinvolto, confermando la difficoltà a mantenere un comportamento conforme durante la detenzione. La testimonianza rilasciata dallo stesso Maniero, in tono informale, ha attirato l’attenzione dei media, ma non riduce la gravità del fatto.

Il processo in corso alla corte di Firenze dimostra come la giustizia continui a monitorare attentamente la condotta dell’ex criminale durante la pena. Tali accuse potrebbero influire sulle future decisioni riguardo ai suoi spostamenti o eventuali benefici penitenziari. Restare nel carcere di Massa o essere trasferito dipenderà anche dalla sua condotta nelle cellule e dai rapporti con gli altri detenuti.

Il disordine nelle carceri italiane e le tensioni tra detenuti

L’episodio di Sollicciano evidenzia una realtà comune in molti istituti penitenziari italiani: la convivenza difficile, dovuta a spazi ristretti e a profondi contrasti tra detenuti. Il fatto che Maniero abbia reagito con violenza a rumori o atteggiamenti percepiti come fastidiosi racconta delle tensioni latenti in ambienti dove la convivenza è spesso impossibile senza scontri.

La presenza di collaboratori di giustizia rende il clima ancora più fragile, perché spesso sono isolati o guardati con diffidenza dagli altri reclusi. In questo caso particolare, il volume della televisione e il russare notturno hanno fatto scaturire un litigio che ha portato a un’aggressione fisica. Questo episodio mostra come anche dettagli apparentemente banali possano diventare motivo di violenza in carcere.

Gli operatori penitenziari si trovano spesso a gestire situazioni simili, cercando di evitare escalation che possono peggiorare la sicurezza degli istituti. Il sistema carcerario italiano deve fare i conti con problemi di sovraffollamento e risorse limitate, circostanze che complicano la gestione delle tensioni tra detenuti. Le risse e gli episodi di violenza sono segnali della necessità di interventi più mirati per mantenere l’ordine e la sicurezza nelle celle.

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