Una complessa indagine condotta dalla guardia di finanza di Torino ha portato al sequestro di beni per 600mila euro nei confronti di un uomo accusato di usura, estorsione e rapina, con l’aggravante del metodo mafioso. L’operazione, avviata su richiesta della Procura distrettuale antimafia, punta a bloccare il patrimonio frutto di attività criminali collegate alla ‘ndrangheta.
Dettagli sul sequestro e sull’indagine a torino
Il provvedimento di sequestro preventivo è stato emesso dal Gip dopo un’indagine mirata del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza torinese. L’uomo coinvolto, di origini calabresi e residente a Torino, avrebbe imposto condizioni di prestito con tassi usurari e minacce gravi all’imprenditore vittima.
Il valore complessivo del sequestro comprende conti correnti bancari, buoni postali, un complesso immobiliare e quattro veicoli, tutti riconducibili agli illeciti contestati. Questi beni saranno sottoposti a vincolo patrimoniale per impedirne l’uso o la vendita in attesa di ulteriori sviluppi giudiziari.
La dinamica del prestito usurario e le pressioni sulla vittima
Secondo le ricostruzioni degli investigatori, l’imprenditore aveva ottenuto un prestito iniziale di 154mila euro dall’indagato, che negli anni successivi ha applicato interessi molto elevati, fino al 10% al mese, traducendosi in un tasso annuo superiore al 120%. L’uomo avrebbe ricevuto complessivamente 600mila euro di interessi e capitale ripagati in quindici anni.
Il piano di rientro comprendeva anche una promessa di versare ulteriori 620mila euro relativi agli interessi usurari ancora dovuti. Di fronte a difficoltà di pagamento, la vittima era stata soggetta a continue pressioni e richieste estorsive tese a recuperare non solo le somme pattuite, ma anche a imporre condizioni gravose come la cessione di un immobile di proprietà.
Le minacce e la violenza legate al metodo mafioso
Le minacce rivolte all’imprenditore e alla sua famiglia sono emerse grazie a pedinamenti, intercettazioni telefoniche e osservazioni sul territorio. L’indagato avrebbe minacciato di morte il creditore e i suoi parenti, intimando anche il rischio di danni materiali, come l’incendio di un’auto personale.
In particolare, l’uomo ha giustificato la sua azione facendo riferimento al coinvolgimento di esponenti di rilievo della ‘ndrangheta, definendo questo come motivo per cui la vittima non poteva sottrarsi ai pagamenti senza incorrere in pericoli seri. Questa pressione mafiosa ha reso difficile ogni tentativo da parte dell’imprenditore di liberarsi dall’usura.
Arresto in flagranza durante la consegna del denaro
L’operazione si è conclusa con l’arresto dell’indagato mentre riceveva una busta contenente denaro, una prova materiale della continuazione delle pratiche illecite. L’arresto in flagranza rappresenta un elemento chiave per consolidare l’accusa di usura e estorsione aggravate dal metodo mafioso.
Il sequestro dei beni disposti dal Gip impedisce che la somma accumulata, derivante dall’attività criminale, possa essere utilizzata per altri scopi o nascosta. La vicenda sottolinea come i reati legati alla mafia continuino ad incidere pesantemente sulle attività economiche e sulla vita di molti cittadini a Torino e provincia.