Le tensioni tra Iran e Stati Uniti rimangono alte dopo la brusca interruzione dei negoziati sul dossier nucleare iniziati ad aprile 2025. Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha ribadito che ogni ripresa del dialogo dipende dalla volontà statunitense di riprendere trattative basate su un accordo equo e vantaggioso per entrambe le parti. L’interruzione si è verificata a seguito degli attacchi militari lanciati da Usa e Israele contro obiettivi iraniani, che hanno congelato ogni confronto diplomatico.
Il ruolo degli Stati uniti nella sospensione dei negoziati nucleari
Abbas Araghchi ha chiarito con fermezza che a lasciare il tavolo delle trattative sono stati gli Stati Uniti, non l’Iran. In un messaggio pubblicato su X, il ministro ha ricordato come Washington abbia scelto una strada militare dopo avere abbandonato i colloqui a giugno. Secondo Araghchi, questa decisione ha interrotto un percorso che invece avrebbe potuto portare a un’intesa sul programma nucleare iraniano. Nel comunicato si menziona anche il coinvolgimento di Kaja Kallas, alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, e dei ministri degli Esteri di Francia, Germania e Gran Bretagna, Paesi che furono firmatari dell’accordo nucleare del 2015, noto come Jcpoa.
Gli Stati Uniti si sono ritirati ufficialmente dall’intesa nel 2018, durante l’amministrazione Trump, sostituendo la diplomazia con un inasprimento delle sanzioni economiche contro Teheran. Questa mossa ha spinto l’Iran a rivedere la propria posizione e ha complicato fortemente ogni tentativo di mediazione internazionale. La fase attuale delle trattative, avviata a fine aprile, è stata segnata da continui attriti che ora sembrano aver raggiunto il punto di rottura.
Le richieste iraniane all’Europa per un ruolo più incisivo nei negoziati
L’Iran guarda ora all’Europa con una serie di richieste chiare. Abbas Araghchi ha invitato Francia, Germania e Gran Bretagna ad abbandonare le politiche di pressione e minacce, osservando che un ruolo credibile nel negoziato si ottiene solo con atteggiamenti costruttivi. Particolare attenzione è stata posta sul cosiddetto “snap-back”, meccanismo che prevede il ritorno automatico delle sanzioni Onu revocate nel 2015 insieme al Jcpoa. Gli Usa, sostenuti dai Paesi europei firmatari, hanno chiesto di rinnovare il blocco di misure punitive entro agosto 2025, una data limite che resta cruciale per il futuro delle trattative.
Araghchi ha chiesto di superare quelle forme di coercizione che alimentano la sfiducia e ostacolano qualsiasi possibilità di accordo. Secondo il ministro iraniano, il mantenimento delle sanzioni avrebbe un impatto negativo sul clima diplomatico, con effetti diretti sulla stabilità regionale. La posizione di Teheran appare dunque ferma nel pretendere un confronto paritario in cui ogni parte rinunci alle strategie che hanno finora bloccato il dialogo.
Prospettive e impatti degli attacchi militari sulla situazione nucleare iraniana
Gli attacchi Stati Uniti-Israele del giugno 2025 hanno aggravato una situazione già delicata. Le operazioni militari hanno colpito infrastrutture iraniane, intensificando nel contempo la tensione regionale. Questo ha portato all’interruzione immediata dei colloqui e ha rafforzato le divisioni tra le parti. Per Teheran, l’azione militare ha rappresentato una violazione degli impegni diplomatici e una dimostrazione di scarsa volontà di trovare un’intesa pacifica.
Sul piano internazionale, la reazione a questi eventi ha polarizzato le opinioni. Da un lato, Washington ha giustificato gli attacchi come risposte a minacce percepite. Dall’altro, alleati europei hanno manifestato preoccupazione per il rischio di escalation. La posizione di Kaja Kallas e dei ministri europei sembra orientata a mediare, tentando di mantenere aperti i canali di dialogo ma senza ignorare le preoccupazioni di sicurezza degli Stati Uniti e Israele.
La situazione resta dunque in bilico. Qualsiasi possibile ripresa delle discussioni sul nucleare iraniano dipenderà da un clima di fiducia che ad oggi non appare consolidato, mentre le tensioni militari e diplomatiche continuano a condizionare il contesto geopolitico.