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Padre gabriel romanelli ferito nel raid di gaza dopo anni di impegno per la comunità cristiana

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La situazione a Gaza torna al centro dell’attenzione con il ferimento di padre gabriel romanelli, parroco della chiesa della Sacra Famiglia. Figure come lui continuano a portare avanti il loro lavoro in condizioni estremamente difficili, mantenendo aperto un filo diretto con il mondo esterno e raccontando la vita quotidiana sotto attacco. Questo articolo ripercorre il ruolo di padre romanelli, la sua relazione con papa francesco e le condizioni attuali della piccola comunità cristiana di gaza.

Padre gabriel romanelli e il legame con papa francesco durante l’escalation di violenza

Padre gabriel romanelli, argentino di 55 anni, da oltre trent’anni vive in Medio Oriente e da cinque guida la parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, papa francesco aveva instaurato con lui un contatto quotidiano tramite videochiamate serali. Questo sistema serviva a mantenere un legame costante con la comunità cristiana rimasta nella striscia di gaza, oltre a stimolare Israele a non interrompere la connessione internet nell’area. La scelta di papa francesco ha avuto anche una funzione di protezione simbolica per questa piccola realtà assediata.

Un legame interrotto e una nuova rete di sostegno

Il parroco è stato tra le ultime persone a parlare con il pontefice prima della sua scomparsa. Il legame diretto con il papa è però terminato con la morte di francesco, mentre si è intensificato il dialogo con il patriarcato di Gerusalemme, punto di riferimento per i cristiani della regione. Nonostante le difficoltà, padre gabriel ha continuato a documentare la vita dentro il compound della Sacra Famiglia, diffondendo sui canali social immagini e resoconti utili a far comprendere la realtà dei rifugiati.

La durezza della vita nella parrocchia durante i bombardamenti a gaza

Nei giorni scorsi, padre romanelli aveva condiviso immagini forti della messa celebrata con i fedeli mentre il rumore dei bombardamenti rimbombava all’esterno. La parrocchia rappresenta un rifugio simbolico per la comunità, ispirata alla fuga di Gesù, Giuseppe e Maria verso l’Egitto. I credenti cercavano protezione al suo interno, convinti di essere al sicuro, fino al raid di questa mattina che ha colpito anche loro.

Il 7 ottobre, giorno dell’attacco terroristico di hamas, padre gabriel non si trovava nella striscia ma fuori, intento a gestire l’arrivo di medicinali e beni necessari. L’ingresso degli aiuti è sempre controllato dall’esercito israeliano, e lo stesso parroco era rimasto bloccato a Gerusalemme per mesi, con le autorità israeliane che gli negavano il permesso di tornare a gaza. Ci sono state trattative discrete tra il Vaticano e le autorità per consentirgli di riabbracciare i fedeli, un passo ottenuto dopo mesi di attesa.

Il ritorno alla parrocchia e la vita quotidiana sotto assedio

Padre gabriel è rientrato da poco a gaza e ha trovato una comunità fortemente ridotta, che oggi conta appena cinquecento membri. Tra loro ci sono circa cinquanta persone con disabilità gravi, assistite dalle suore di madre teresa. Il parroco ha segnalato come i prezzi dei generi alimentari nella zona nera siano saliti a livelli proibitivi: la farina supera i 18 euro al chilo, i pomodori arrivano a 23 euro mentre una cipolla può costare fino a 15 euro. Lo zucchero ha raggiunto quasi 100 euro al chilo, indice della crisi economica che sta strangolando la popolazione.

Comunicazione social per raccontare la crisi

Questi dati emergono dai post pubblicati sui profili social della parrocchia, che continuano a essere una fonte preziosa di informazioni dirette e aggiornate sullo stato di Gaza. Padre romanelli ha sfruttato queste piattaforme per diffondere la condizione della sua comunità, togliendo il velo sulle difficoltà vissute quotidianamente.

Le vittime cristiane della guerra e il ruolo di padre gabriel nel sostegno alla popolazione

I cristiani a gaza non sono pochi ma vivono ai margini di un conflitto devastante. Nel novembre 2023 la parrocchia della Sacra Famiglia ha pianto la morte di elham farah, una musicista anziana; un mese dopo, altre due fedeli, nahida e samar – madre e figlia – sono morte a pochi passi dalla chiesa. Le vittime cristiane spesso non muoiono per violenza diretta ma per la mancanza di assistenza e medicinali necessari: molti soffrono di malattie croniche come cardiopatie o diabete e non riescono a procurarsi le cure.

Nonostante padre gabriel sia rimasto ferito nel raid di oggi, ha continuato a dedicare la giornata ad aiutare gli altri. In mezzo ad un conflitto sempre più acceso, il suo impegno rappresenta un punto fermo per la comunità cristiana di gaza, un segno di presenza che persevera anche nei momenti più duri.

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