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A 33 anni dalla strage di via mariano d’amelio resta il mistero sulla morte di paolo borsellino e la sua scorta

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L’omicidio di paolo borsellino e dei poliziotti della sua scorta avvenuto a Palermo il 19 luglio 1992 continua a essere avvolto da molti dubbi. Nonostante le numerose inchieste e i vari processi, la verità completa sembra ancora sfuggire alle autorità. Tra depistaggi, omissioni e aspetti mai chiariti, il caso mantiene un peso indelebile nella storia giudiziaria italiana legata alla lotta alla mafia.

Il depistaggio più grande della storia d’italia nella strage di via mariano d’amelio

Le indagini sul tragico attentato hanno evidenziato un sistema di depistaggi che i giudici hanno definito “il più grande della storia d’italia”. La pista mafiosa era certa, ma dietro la strage si celava una regia occulta che ha inquinato le prove e ostacolato le indagini. I magistrati hanno parlato di “partecipazione morale e materiale di altri soggetti” e di “gruppi di potere” coinvolti in una strategia per togliere di mezzo il procuratore aggiunto di Palermo, paolo borsellino.

Il 12 luglio 2022 la Corte ha pronunciato prescrizioni per due investigatori della polizia accusati di favoreggiamento, Mario Bo e Fabrizio Mattei, e ha assolto un terzo, Michele Ribaudo. Altri quattro agenti, tra cui Giuseppe Di Gangi e Angelo Tedesco, sono ancora sotto processo per false testimonianze. Tutti facevano parte della squadra incaricata delle indagini sulle stragi di Falcone e Borsellino, guidata da Arnaldo La Barbera, che aveva legami con i servizi segreti.

Un pentito falso e uno vero

La squadra aveva costruito una versione falsa della strage, facendo emergere un falso pentito, Vincenzo Scarantino, le cui accuse poi sono state bocciate. Nel frattempo, il vero pentito, Gaspare Spatuzza, ha fornito una ricostruzione differente che ha smontato quelle condanne.

L’agenda rossa scomparsa: un simbolo di un’indagine intralciata

Uno degli elementi più inquietanti di questo caso riguarda la sparizione dell’agenda rossa di borsellino, un quaderno nel quale il magistrato annotava informazioni cruciali sulle indagini. Dopo la strage, questa agenda è misteriosamente sparita e non è mai stata ritrovata.

La procura di caltanissetta ha cercato questa agenda negli spazi dove lavoravano il capo della squadra mobile palermitana Arnaldo La Barbera e il procuratore Giovanni Tinebra, entrambi ormai deceduti. L’assenza di questo documento si è trasformata in un simbolo della verità non completamente emersa.

I giudici sottolineano che questa mancanza alimenta il sospetto che alcuni fatti siano stati nascosti o insabbiati, rafforzando l’idea che dietro alla strage vi sia stata non solo la mafia ma anche altre forze pronte a impedirne la luce.

Il valore simbolico dell’agenda persa

“L’assenza dell’agenda rossa rappresenta un vuoto nel racconto ufficiale dei fatti, una ferita aperta nella storia della nostra giustizia,” si legge in alcuni commenti di esperti giudiziari.

La pista dei servizi segreti e il rapporto del ros su mafia e appalti

Un’altra ombra pesante riguarda il ruolo dei servizi segreti e il cosiddetto rapporto del ros su “mafia e appalti”. L’ex comandante del ros Mario Mori e il suo collaboratore Giuseppe De Donno hanno testimoniato più volte davanti alla commissione antimafia, dicendo che quel rapporto indicava possibili piste da approfondire per comprendere la strage di via d’amelio.

Secondo le loro dichiarazioni, paolo borsellino avrebbe mostrato interesse per queste informazioni. Tuttavia la procura di palermo dell’epoca, guidata da Pietro Giammanco, avrebbe archiviato la questione senza approfondire.

Questa versione, supportata anche dalla famiglia di borsellino, spinge la procura di caltanissetta ad aprire ora un’inchiesta sugli ex pm Giuseppe Pignatone e Gioacchino Natoli, insieme al generale della guardia di finanza Stefano Screpanti.

L’accusa sostiene che quei magistrati non avrebbero valorizzato alcune intercettazioni importanti che in un primo momento erano state archiviate per essere distrutte. Quelle conversazioni sono state recuperate solo recentemente dagli archivi, coperti dalla polvere di anni di oblio.

Intrecci tra mafia, appalti e apparati istituzionali

Le rivelazioni sugli intrecci tra mafia, appalti, e apparati istituzionali fanno emergere un quadro complesso che impedisce ai fatti di essere completamente chiariti. L’inchiesta in corso potrebbe aprire nuove prospettive, ma la strada per conoscere tutta la verità resta ancora lunga.

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