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La cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio: una tecnologia chiave per ridurre le emissioni nei settori più difficili

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Il dibattito sulla transizione energetica continua a sottolineare la mancanza di un’unica soluzione per la decarbonizzazione. Vari metodi devono agire insieme per raggiungere obiettivi concreti. Tra questi, la cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio, nota come CCUS, emerge come un elemento indispensabile. Organizzazioni come l’Agenzia internazionale per l’energia e le Nazioni Unite indicano questa tecnologia come cruciale per ridurre significativamente le emissioni, specie in ambiti come l’acciaio e il cemento, noti per essere tra i più difficili da decarbonizzare. In Italia, questi settori rappresentano oltre il 60% delle emissioni industriali e più del 13% del totale nazionale di gas serra.

Le fasi del processo ccus e le sue applicazioni industriali

La tecnologia CCUS coinvolge varie fasi. Si parte dalla cattura dell’anidride carbonica, che viene separata dagli altri gas prodotti, per esempio, durante la combustione. Questa separazione è necessaria per isolare la CO2 in forma pura. Subito dopo, la CO2 viene compressa per facilitarne il trasporto, che può avvenire tramite condotte, navi, camion o ferroviari.

Dopodiché, la CO2 può essere impiegata per scopi industriali, come la produzione di materiali cementizi o biomasse alimentari: questa pratica prende il nome di CCU . In alternativa, la CO2 può essere immagazzinata in formazioni geologiche sotterranee selezionate, come giacimenti di idrocarburi esauriti o acquiferi salini. In questo caso si parla di CCS .

La IEA prevede che per centrare gli obiettivi di emissioni nette zero entro il 2050 sarà necessario catturare circa 7,6 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno con CCUS. Per questo motivo, molte aziende, tra cui Eni, stanno puntando a sviluppare e migliorare tecnologie di cattura, utilizzo e stoccaggio in una prospettiva di investimento in ricerca e innovazione che riguardi tutta la filiera.

La ricerca e la modellazione numerica al centro dello sviluppo ccus di eni

L’avanzamento nel campo dello stoccaggio dipende molto da studi approfonditi delle caratteristiche geologiche. Eni, guidata dall’amministratore delegato Claudio Descalzi, utilizza l’esperienza maturata nella modellazione numerica dei giacimenti di idrocarburi per sviluppare progetti di CCS.

Il gruppo ha creato un flusso di lavoro che si basa su algoritmi programmati per simulare l’interazione tra CO2 e roccia nel tempo. Queste simulazioni tengono conto delle caratteristiche geologiche, meccaniche e chimiche dei potenziali siti di stoccaggio, per garantire la sicurezza e la stabilità dell’operazione.

Nel caso di giacimenti già sfruttati per idrocarburi, Eni integra i dati di esplorazione e produzione precedenti nel modello tridimensionale, ottenendo una rappresentazione dettagliata dell’area. Questo approccio permette di testare diversi scenari legati alla iniezione di CO2 e identificare il sistema più sicuro e duraturo per lo stoccaggio.

Il lavoro si avvale di software proprietari e di una notevole potenza di calcolo dal Green Data Center dell’azienda, oltre a un team multidisciplinare che valuta le migliori soluzioni tecniche. La combinazione di tecnologia e ricerca rende possibile garantire uno stoccaggio stabile e permanente della CO2, un aspetto fondamentale per contenere le emissioni industriali difficili da eliminare con altri metodi.

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