Nel lago d’Orta, tra le province di Verbano-Cusio-Ossola e Novara, partirà un progetto che utilizza cozze d’acqua dolce, Unio elongatulus, per misurare la presenza di microplastiche e sostanze inquinanti. Questa iniziativa si inserisce in studi già avviati sulla capacità depurativa di questi bivalvi, che agiscono come indicatori biologici della qualità delle acque. Le analisi saranno condotte su campioni prelevati da diverse aree del lago nel corso di un anno.
Il ruolo delle cozze d’acqua dolce nel monitoraggio ambientale del lago d’Orta
Le cozze d’acqua dolce rappresentano un elemento chiave per la valutazione della salute degli ecosistemi acquatici. L’Unio elongatulus è un bivalve che vive immerso nei fondali e si nutre filtrando l’acqua, trattenendo sulle sue branchie particelle e sostanze inquinanti. Nel lago d’Orta, questi molluschi sono stati impiegati per verificare come i contaminanti e le microplastiche si accumulano nell’ambiente.
Bioaccumulatori e biosensori
Questi bivalvi funzionano non solo come bioaccumulatori, catturando sostanze tossiche presenti nell’acqua, ma anche come biosensori. Possono infatti segnalare con risposte biologiche la presenza e l’impatto di inquinanti come farmaci, surfattanti, plasticizzanti e composti perfluorati. L’utilizzo nelle gabbie permette di monitorare in modo costante, affidandosi alla loro biologia e alla capacità di rappresentare fedelmente lo stato delle acque nei punti in cui sono posti.
Già oggetto di interventi di ripopolamento, questi bivalvi hanno dimostrato di contribuire a migliorare la qualità dell’acqua e dello stato dei sedimenti, grazie alla loro azione di filtrazione. Nel progetto attuale, saranno dispiegate gabbie in sei siti scelti, da cui dopo un anno verranno ritirati esemplari per analisi chimiche dettagliate.
Progetto integrare e collaborazioni scientifiche
Il monitoraggio delle contaminazioni nel lago d’Orta si inserisce nel quadro del progetto “Integrare. Qualità ambientale del lago d’Orta, dagli immissari ai contaminanti emergenti“, avviato dall’Ecomuseo del Lago d’Orta e Mottarone. La ricerca è condotta in collaborazione con il dipartimento di Bioscienze dell’Università di Milano e l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, noto centro per studi in campo ambientale e farmacologico.
Questo progetto biennale mira a raccogliere dati precisi e puntuali per comprendere le sollecitazioni ambientali di origine antropica che interessano il lago. I risultati ottenuti saranno comunicati all’Arpa Piemonte, alle amministrazioni locali e al gestore delle acque, per favorire interventi mirati a ridurre l’inquinamento e migliorare lo stato delle acque.
Il lavoro congiunto tra le istituzioni pubbliche e il mondo accademico consente di integrare competenze scientifiche con esigenze di tutela ambientale e gestione delle risorse idriche, fondamentali per un bacino lacustre come quello d’Orta.
Metodologie di analisi e obiettivi chimici
La fase analitica del progetto coinvolge metodi di spettrometria di massa, utilizzati per identificare e quantificare i contaminanti presenti nelle cozze e nell’acqua. Noelia Salgueiro-Gonzalez, responsabile dell’unità di spettrometria di massa per il monitoraggio ambientale all’Istituto Mario Negri, dichiara che “l’obiettivo è rilevare composti emergenti tramite tecniche non target e target.”
La tecnica non target permette di individuare un ampio ventaglio di sostanze anche non ancora classificate, mentre i metodi target si concentrano su inquinanti specifici, come farmaci, disinfettanti, plasticizzanti e composti perfluorati. Questo approccio combinato consente di ottenere un quadro dettagliato dei carichi inquinanti e di valutare la pressione antropica sulle acque del lago.
L’analisi mira anche a identificare le fonti di contaminazione, per esempio scarichi domestici o attività industriali nei dintorni, contribuendo a stabilire priorità per la gestione ambientale. Le informazioni raccolte saranno cruciali per misure che riducano l’impatto di questi contaminanti sulla fauna e sulla salute umana.
Lo studio nel lago d’Orta si colloca nell’ambito delle ricerche europee e internazionali sulle acque dolci, dove l’insorgenza di microplastiche e contaminanti emergenti costituisce una nuova sfida per la salute degli ecosistemi e delle comunità che vivono intorno a questi corpi idrici.