La mostra allestita all’Archivio di Stato di Pisa offre l’opportunità di scoprire l’ordine dei cavalieri di santo stefano, un corpo meno noto rispetto ad altri ordini cavallereschi ma con un ruolo decisivo nella storia del Mediterraneo e della nobiltà toscana. Il percorso espositivo comprende oggetti, carte nautiche, divise, insieme al manoscritto originale del primo statuto redatto da Cosimo I nel 1562, fondatore e primo gran maestro dell’ordine. La manifestazione, aperta fino al 29 agosto 2025, ricostruisce la storia di questa istituzione che unisce potere politico, azioni militari e un rigido codice sociale.
L’ordine dei cavalieri di santo stefano: origini e fondazione
L’ordine dei cavalieri di santo stefano venne istituito da Cosimo I de’ Medici nel 1562 con l’autorizzazione di Papa Pio IV. Nato come un corpo militare di nobili marinai, si propose di difendere le acque del Mediterraneo dalle incursioni dei pirati e dalle minacce degli infedeli. Diverso per composizione e funzioni dai più noti cavalieri delle crociate, l’ordine fu concepito come strumento di potere del granduca di Toscana. Nel corso di quasi tre secoli, pur evolvendosi, mantenne una fisionomia legata al mare e alla difesa del territorio.
Il quartier generale si stabilì a Pisa, scelta strategica perché legata alla tradizione marinara della città e alla volontà di affermare un’autorità autonoma rispetto a Firenze. I palazzi dove esistevano gli uffici dell’ordine erano quelli un tempo amministrativi della repubblica marinara. La trasformazione degli spazi, curata da artisti come Giorgio Vasari, rifletteva la volontà medicea di mostrare potenza e prestigio. L’ordine ricevette presto il sostegno dell’imperatore di Spagna, consolidando così uno status elevato nell’ambito della politica europea di metà Cinquecento.
La struttura dell’ordine e la sua composizione sociale
I cavalieri che componevano l’ordine si distinguevano in tre classi. La maggior parte proveniva dalla nobiltà toscana, ma non mancavano membri provenienti da altre regioni italiane, come Napoli, Lombardia, e persino da corti europee. Questa apertura a esponenti di diverse aree rende l’ordine, nella definizione di Giorgio Cuneo, “la prima marina nazionale italiana dell’età moderna”. All’inizio erano una sessantina di ufficiali, numero che superò i mille quattrocento nel secolo successivo.
L’ammissione richiedeva almeno quattro quarti di nobiltà, ma esisteva la possibilità di entrare pagando una commenda in denaro. Questo meccanismo fece dell’ordine una risorsa per famiglie aristocratiche che cercavano di tutelare il loro patrimonio. Una volta ammessi, i cavalieri conservavano privilegi fiscali e dovevano lasciare gran parte dei beni all’istituzione al momento della morte. Sorprendente è anche il ruolo delle “monache cavaliere”, donne nobili che svolgevano funzioni nella struttura indossando un abito con la croce da cavaliere, voluto da Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I.
Formazione, attività e sede dell’ordine a pisa
Gli aspiranti cavalieri venivano avviati a Pisa, dove studiavano materie tecniche utili per le missioni sul mare: geometria, cartografia, aritmetica, cosmografia e disegno. Oltre al sapere teorico, si affiancava un addestramento pratico con armi da fuoco e da punta, preparandoli alle battaglie in acqua e a terra. Oggi, gli stessi edifici ospitano la Scuola Normale Superiore, erede più moderna di quel complesso formativo.
All’interno della sede lavoravano gli uffici amministrativi ma c’erano anche l’ospedale e la chiesa, che conserva opere d’arte di Bronzino e Vasari. La presenza femminile era garantita dall’alloggio riservato a nobildonne, pendant del corpo maschile, un aspetto non comune agli ordini militari di quel periodo. Il legame con Pisa e Livorno, punto di ormeggio delle navi, ribadiva l’indipendenza dell’ordine dal governo di Firenze e connotava i cavalieri come un esercito personale dei de’ Medici.
Il ruolo militare e politico nel mediterraneo
L’ordine svolse un ruolo rilevante nelle principali battaglie del Mediterraneo. Difese Malta durante l’assedio turco e prese parte alla battaglia di Lepanto del 1571, uno degli scontri decisivi contro l’impero ottomano. Queste azioni militari lo resero protagonista della sicurezza delle rotte e dell’equilibrio geopolitico nel bacino mediterraneo.
Sul piano politico, Cosimo I sfruttò i cavalieri come strumento per rafforzare il suo potere e per consolidare rapporti con altre famiglie nobiliari italiane ed europee. Attraverso quest’ordine ottenne prestigio e il riconoscimento papale, ma anche favori dall’imperatore di Spagna. La scelta di regole speciali, come la possibilità di avere più di una moglie “secondo i sacri canoni” per alcuni membri, mostra anche le particolarità sociali di questa realtà.
La sopravvivenza e l’eredità dell’ordine dei cavalieri di santo stefano
Cosimo I morì nel 1574, ma l’ordine continuò ad operare per quasi trecento anni. Venne soppresso nel 1859 dopo la caduta del granducato di Toscana e l’avvento dei Savoia, con i beni trasferiti allo stato. Oggi il nome e la memoria dell’ordine sono custoditi dall’istituzione dei cavalieri di santo stefano, un organismo che ne mantiene viva la tradizione.
L’Archivio di Stato di Pisa conserva oltre un milione e mezzo di documenti che raccontano questa lunga storia ricca di episodi militari, politici e culturali. Questa enorme quantità di carte resta in gran parte inesplorata e rappresenta un patrimonio fondamentale per comprendere la Toscana e l’Italia di quel periodo.