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Un universitario chiede un voto minimo per discutere la tesi dopo essere stato bocciato all’esame scritto all’università Ca’ Foscari

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Un caso insolito arriva da Treviso in queste settimane segnate da polemiche sugli esami. Un laureando ha inviato una mail al docente che lo ha bocciato all’ultimo appello dell’esame scritto, richiedendo un voto minimo per poter sostenere la discussione della tesi. La vicenda mette in luce una tensione diffusa tra studenti e docenti e apre una riflessione sul rapporto tra valutazioni e percorso accademico.

La mail dell’universitario bocciato e la reazione del professore

Alessandro Minello, economista e docente all’università Ca’ Foscari, ha ricevuto un messaggio che lo ha colto di sorpresa. Lo studente, probabilmente nervoso per l’ultimo esame prima della tesi in economia dell’arte e della cultura, ha chiesto per iscritto un voto pari a 18, il minimo sufficiente per passare. Nel testo della mail si legge:

“Buongiorno professore, la contatto in merito all’esame da me sostenuto . L’esito della prova è risultato essere insufficiente. Le chiedo un 18. Mi rendo conto della gravità della richiesta, ma per me è l’ultimo esame prima della tesi e non passarlo è un grossissimo problema”.

Il professore, con oltre vent’anni di esperienza, ha raccontato a più voci quanto questa modalità sia insolita. In generale, spiega, gli studenti cercano di migliorare il voto in seguito a risultati già positivi per potere discutere tesi con quasi migliori credenziali. Mai invece si era trovato davanti a una richiesta esplicita per ribaltare un giudizio insufficiente senza processo valutativo aggiuntivo.

L’esame scritto e il contesto accademico della richiesta

L’esame in questione riguarda economia dell’arte e della cultura, materia fondamentale per chi si occupa di questo ambito specifico. L’universitario non ha superato la prova scritta, quindi non poteva accedere alla tesi. Nel sistema universitario italiano, superare tutti gli esami è un requisito indispensabile per presentare la discussione finale. Avere un voto insufficiente blocca la carriera fino al superamento del debito.

Questa situazione si inserisce in un periodo in cui molti studenti mostrano insofferenza verso le modalità di esame, soprattutto con l’avvicinarsi della fine del percorso di studio. Non è raro che emergano proteste o richieste di facilitazioni, ma l’istanza ricevuta da Minello colpisce per la sua franchezza e per l’assenza di tentativi di mediazione.

Riflessioni sulle richieste di voti minimi e il rapporto tra studente e docente

La vicenda evidenzia una difficoltà di fondo che riguarda il rapporto tra chi valuta e chi viene valutato. Lo studente chiede un intervento che non è previsto da regole accademiche: attribuire un voto sufficiente senza corrispondenti requisiti. Il docente sottolinea come il sistema permetta di rivedere o migliorare voti già positivi, non di modificare risultati negativi sulla base di esigenze personali.

Una tale richiesta, afferma Minello, mina principi fondamentali del metodo di insegnamento e di apprendimento. L’esame è un momento per verificare conoscenze e competenze acquisite. Forzare la valutazione rischia di svilire questo passaggio, a danno della qualità e della credibilità del titolo accademico.

Un caso rappresentativo delle sfide universitarie attuali

Questo caso, con la sua carica simbolica, riflette questioni più ampie che scuotono il mondo universitario. Studi e docenti si confrontano con situazioni difficili, spesso legate a pressioni esterne o a malintesi rispetto ai criteri di giudizio. La comunicazione tra le parti rimane un elemento cruciale per evitare conflitti e fraintendimenti.

Le tensioni accademiche nei periodi di esami finali

L’episodio si colloca in un periodo delicato per le università italiane. La fine dell’anno accademico porta studenti e docenti a scontrarsi su scelte importanti. Non solo richieste di recuperi o rinvii ma anche atteggiamenti più diretti di conflitto, come il rifiuto a sostenere esami orali o appelli.

In diversi atenei si registrano casi simili, soprattutto tra gli studenti più vicini al diploma o alla laurea. Alle motivazioni di ansia e stress si aggiungono tensioni sull’effettiva efficacia delle prove e sui criteri adottati. Quest’ultimo caso di Treviso lascia emergere anche un ambiente dove la scorciatoia della mediazione sembra essere cercata in modo esplicito, anche senza coinvolgimento della struttura universitaria.

Il sistema accademico resta chiamato a rispondere con chiarezza, applicando le regole ma anche sostenendo gli studenti in difficoltà, accompagnandoli con strumenti concreti per completare il percorso senza ricorrere a scorciatoie. La responsabilità resta condivisa, tra diritto a un voto meritato e il dovere di mantenere un percorso di qualità per tutti.

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