Nel cuore del conflitto ucraino, mentre le trattative politiche segnano il passo, la guerra continua a fare vittime reali tra i soldati schierati al fronte. In questo contesto, il ruolo della fede e del supporto spirituale assume un peso importante. Padre Oleksandr Sivchenko, parroco della chiesa San Giovanni Evangelista di Kiev, ha scelto di accompagnare le truppe come cappellano militare, offrendo conforto a chi combatte e vive la paura quotidiana della battaglia.
La presenza del cappellano militare al fronte di guerra
Padre Oleksandr Sivchenko, 53 anni, ha assunto il compito di portare sostegno spirituale ai soldati ucraini impegnati contro l’esercito russo. Dalla sua chiesa di Kiev ha accettato di indossare la mimetica e accompagnare i militari lungo le linee del fuoco. Non si tratta solo di distribuire armi o materiali, ma di infondere coraggio e speranza. Il cappellano evidenzia che le truppe sono composte da uomini di diverse fedi, tra cui cattolici, ortodossi, musulmani, e che l’unità religiosa è vitale per mantenere la coesione tra i combattenti.
Il momento della preghiera come forza
Il momento della preghiera spesso precede l’ingresso in azione, creando un legame solido tra chi è sul campo e la propria fede. Padre Oleksandr spiega che serve molto più della tecnologia militare per reggere la durezza degli scontri. Per lui, Dio è soprattutto la forza che aiuta gli uomini a non arrendersi di fronte alla paura della morte, una realtà palpabile tutti i giorni.
Il conforto nei momenti più difficili e la motivazione al sacrificio
Nel ruolo di cappellano, Oleksandr offre sostegno concreto ai soldati. Li incoraggia, ricordando che sono dalla parte della giustizia perché difendono il proprio paese e proteggono il futuro delle generazioni. Sottolinea che non sono soli, ma combattono con la presenza divina accanto. Questa convinzione cambia la prospettiva di chi entra in battaglia, spesso mettendo da parte l’ansia della morte per concentrarsi sulla causa più grande.
Un percorso trasformato dalla guerra
Il parroco racconta che il suo percorso personale è cambiato drasticamente: non avrebbe mai pensato di diventare cappellano militare, ma la guerra lo ha portato direttamente sul fronte, immergendolo nella realtà delle perdite e della sofferenza. La morte di un soldato tra le braccia del cappellano non è solo un evento tragico ma un sacrificio da onorare come parte della difesa dell’Ucraina.
La gestione del dolore e il rapporto con le famiglie dei caduti
La morte di giovani militari colpisce profondamente padre Oleksandr, soprattutto quando ha conosciuto personalmente le vittime sin dall’infanzia. Ricorda i casi di Pavlo e Victor, due ragazzi della sua parrocchia che hanno scelto di combattere per difendere la loro terra dopo aver spostato i familiari in zone più sicure. Entrambi sono stati uccisi in combattimento e il cappellano continua a mantenere un contatto quotidiano con le famiglie per sostenerle nel lutto.
Il peso emotivo di chi sta vicino ai caduti
Il racconto di queste tragedie personali fa emergere il peso emotivo che porta chi sta vicino ai soldati caduti. Padre Oleksandr non nasconde il dolore ma rimane saldo nella sua fede, spiegando che da 28 anni esercita il proprio ministero con convinzione e che l’esperienza della guerra rafforza la sua certezza religiosa. Nonostante l’orrore vissuto, invita a concentrarsi sulle azioni compiute nella vita piuttosto che sulla fine che attende ognuno.
Speranze di pace e il ruolo della comunità internazionale
Per padre Oleksandr, la guerra avrà fine solo con una pace giusta per l’Ucraina accompagnata dalla sconfitta del male. Si appella alla preghiera per raggiungere questo obiettivo e mostra gratitudine per il sostegno ricevuto, in particolare dall’Italia e dal papa. Esprime la speranza che questi aiuti possano contribuire soprattutto a riportare in sicurezza i bambini rimasti nei territori occupati.
Collaborazione e impegno internazionale
Il cappellano ricorda che la collaborazione tra popoli che comprendono la gravità della situazione è fondamentale per alimentare iniziative umanitarie. Questo è l’unico modo per dare sollievo alle vittime civili della guerra e per creare presupposti per un futuro di ricostruzione. Così, la fede si intreccia alla politica e all’impegno internazionale, in un momento in cui gli sforzi diplomatici appaiono bloccati.